«Aveva un disturbo paranoideo, non era capace di intendere e di volere al momento del delitto». È questa la tesi prospettata da un consulente di parte su Salvatore Baglione, l’uomo che è a processo con l’accusa di avere ucciso con 40 coltellate la moglie Piera Napoli nella loro abitazione di via Vanvitelli nel quartiere Cruillas a Palermo. Secondo l’esperto nominato dalla procura, però, il 7 febbraio del 2021 le cose sarebbero andate diversamente e l’uomo avrebbe agito con razionalità e premeditazione nel momento in cui ha ammazzato la cantante neomelodica di 32 anni. Alle sue conclusioni sarà dedicata la prossima udienza del processo che è già stata fissata per l’8 aprile davanti alla corte d’assise.
Baglione, che aveva confessato lo stesso giorno del delitto, per l’esperto nominato dal suo difensore Danielo Lo Piparo avrebbe agito «senza sapere ciò che stava facendo. Non aveva il controllo su se stesso a causa di un crescente stress emotivo perché pensava tutto il giorno al fatto che la moglie potesse tradirlo. Quella mattina, quando la donna ha ammesso, è scattata una dissociazione della realtà – ha aggiunto l’esperto della difesa – Nel momento in cui ha ucciso era in un delirio lucido, totalmente incapace». Una capacità che, però, sarebbe stata recuperata subito dopo, come ha fatto notare la pm Federica Paiola. Il 38enne, infatti, avrebbe ripulito il bagno dove era avvenuto il delitto, coperto il cadavere della vittima per evitare che i bambini potessero vedere la scena del crimine, preparato una valigia, accompagnato i figli – che erano in casa e stavano ancora dormendo – dai nonni e avrebbe anche pubblicato su Facebook una foto dell’attore Robert De Niro insieme alla frase: “Il rispetto gran bella cosa, peccato che non tutti ne conoscano il significato”. Tutto questo prima di andare a costituirsi dai carabinieri.
Atteggiamenti che, per l’accusa, sarebbero invece indice di lucidità. E, infatti, per il consulente nominato dalla procura per accertare lo stato mentale, l’imputato sarebbe stato perfettamente in grado di intendere e di volere anche nel momento del delitto. Due perizie medico-legali fatte da due diversi psichiatri che arrivano a conclusioni diametralmente opposte. Dopo avere ascoltato entrambi i periti in contraddittorio e avere analizzato i risultati a cui sono arrivati, il collegio deciderà se richiedere una terza perizia da parte di un consulente del tribunale. Durante la sua confessione, Baglione aveva parlato di «un atto scaturito da uno scatto di gelosia». In realtà, però, nel provvedimento di fermo la pm aveva parlato di un femminicidio scaturito da «futili motivi» e perpetrato per «mera gelosia con efferata violenza». A scatenarla sarebbe stata la volontà della donna di chiudere la relazione dopo oltre quattro mesi di discussioni. «Mia figlia restava ancora in quella casa solo per i bambini», aveva detto subito a caldo il padre della vittima parlando di un rapporto di coppia piuttosto teso già da tempo.
«Emerge l’indole violenta dell’uomo – aveva scritto la gip Ermelinda Marfia nell’ordinanza di custodia cautelare – Sulla premeditazione non sussiste alcun dubbio: gli iniziali sospetti lo avevano indotto all’aggressività, alle minacce di morte, a comportamenti ossessivi per controllare la donna fino a quando, la notte prima dell’omicidio, aveva visto la moglie mandare dei messaggi. La conferma della relazione extraconiugale da parte della vittima, si ritiene, abbia determinato l’uomo a porre in essere una condotta già programmata». Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, pare che il coltello da macellaio con la lama da 20 centimetri sequestrato dai carabinieri come arma del delitto, fosse stato portato a casa la sera prima da Baglione che lo avrebbe preso sul posto di lavoro, da un grossista di carni. Nel processo, a cui l’imputato prendere sempre parte collegandosi in videoconferenza dal carcere di Trapani dove è detenuto, si sono costituiti parte civile i genitori e altri familiari della vittima che sono assistiti dagli avvocati Umberto Seminara, Laura Terrasi e Ines Trapani.
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