L’ultimo atto – due mesi dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza – era un invito: «Chiunque abbia avuto problemi, anche minimi, dopo aver frequentato quei laboratori si faccia avanti». Adesso i legali delle parti civili del primo processo Farmacia, concluso nell’ottobre dell’anno scorso con l’assoluzione degli otto imputati, si rivolgono agli studenti passati dai locali della cittadella universitaria tra il 1980 e il 2007. Gli avvocati hanno predisposto un questionario con domande sulla frequenza di quelli che sono poi diventati tristemente famosi come laboratori dei veleni.
L’appello a rivolgersi ai legali nasce dalla volontà di intraprendere una «sorta di class action», racconta Santi Terranova. Una ricerca che «serve a fare la mappatura di chi ha subito gli effetti della presunta contaminazione e valutare la possibilità di ottenere un risarcimento». Strada diversa è quella che verrà percorsa da quanti hanno subito dei danni o hanno perso la vita a causa della presunta contaminazione del terreno sotto l’edificio 2. «Quello con l’università era un rapporto lavorativo a tutti gli effetti – sottolinea Terranova – Faremo un ricorso al giudice del lavoro».
Il gruppo di avvocati si è creato all’indomani della sentenza che ha assolto quelli che al momento dello scandalo – scoppiato nel novembre 2011 con il sequestro dei locali universitari – erano i vertici di Unict e del dipartimento di Scienze farmaceutiche. A formarlo, oltre a Terranova sono Vito Presti (che nel processo rappresentava l’associazione Cittadinanza attiva), Pierfrancesco Iannello (legale della Cgil), Salvatore Panvini, Giuliana Gallone e Alessandra Romano (avvocati di alcuni degli ex studenti e dei familiari).
La vicenda giudiziaria si è dipanata lungo due procedimenti partiti inizialmente in parallelo. Per quello relativo ai reati ambientali si è giunti lo scorso ottobre alla sentenza di assoluzione, senza che le parti abbiano deciso di ricorrere in Appello. Per quello legato invece all’accusa di omicidio colposo plurimo è stata chiesta l’archiviazione dalla stessa accusa.
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