Non tutti, nel Pd siciliano hanno le bocche cucite. Non tutti nel Pd siciliano sono convinti che fare politica significhi fare incetta di clientele di tutti i generi e di tutte le specie. C’è anche chi vorrebbe far tornare la politica vera.
Tra questi c’è Davide Faraone, parlamentare regionale del Partito democratico, mai allineato con i ‘governativi’ del suo schieramento (leggere Antonello Cracolici, Giuseppe Lumia e la corrente ‘Innovazioni’ che in Sicilia, fino ad ora, ha ‘innovato’ solo le clientele, specie quelle della formazione professionale). Faraone anticipa quelli che saranno i temi dell’Assemblea regionale del Pd siciliano convocata a Palermo domenica prossima.
La verità – dice il deputato di Sala d’Ercole – è che lo scontro nel Pd siciliano è su chi dovrà comporre le liste regionali e nazionali, su chi dovrà essere il candidato presidente della Regione e sulle alleanze.
Insomma – sembra far capire il parlamentare regionale che in Sicilia rappresenta l’anima del Pd che si riconosce nelle posizioni del sindaco di Firenze, Matteo Renzi – a sciarra è pa’ cutra (traduzione per i non siciliani: nel Pd siciliano si litiga per la ‘coperta’, ovvero per le poltrone).
Dopo la precisazione ‘poltronizia’, la staffilata ai protagonisti dei disastri politici ed elettorali del Pd siciliano: Io – dice Faraone – non affiderei queste scelte a chi fino ad ora non ne ha azzeccata una. Né al gruppo dirigente attuale, né a commissari romani. Io farei scegliere i cittadini”.
Via i protagonista della sconfitta, politica ed elettorale. Sconfitta politica, perché il governo Lombardo-Pd è un disastro amministrativo. Elettorale, perché la batosta presa a Palermo è micidiale: basti pensare che Ds e Margherita, nel 2007, superavano il 17 per cento dei voti; oggi il Pd – che raccoglie l’eredità di questi due partiti – è a poco più del 7 per cento. Un crollo senza attenuanti.
Mandare a casa i responsabili del disastro – in testa Cracolici, Lumia, Genovese, Papania, Cardinale eccetera eccetera – non significa, però consegnare il partito siciliano ai commissari romani. Se non altro che anche Bersani, di danni, ne ha combinati tanti pure lui (basti pensare a quel disastro con i piedi che il Pd ha ‘regalato’ alla Sicilia in materia di formazione professionale: quel Ludovico Albert, nominato dirigente generale di questo settore che, fino ad oggi, ha prodotto solo danni e clientele in ‘lingua piemontese’).
E allora? Il parlamentare regionale del Pd, come già accennato, preferisce dare la parola ai cittadini. Come?
“Si celebri – dice Faraone – il congresso/primarie (votano gli iscritti e i cittadini elettori). Chi vince sarà il segretario e il candidato presidente della Regione”.
Questa proposta, forse, andrebbe aggiustata un po’, stante la copiosa presenza di ‘zaffigni’ all’interno, per esempio, del Pd di Palermo. E lo si è visto con la ‘straordinaria’ partecipazione al voto delle primarie del 4 marzo a cui ha fatto seguito il flop alle elezioni vere.
Poi la proposta più ‘forte’: “Si decida già da ora che chi ha fatto il parlamentare per tre o più legislature non si può più candidare”. Faraone, in pratica, vorrebbe azzerare i nove decimi della rappresentanza parlamentare nazionale e il 50 per cento o orse più dei parlamentari regionali. La proposta è interessantissima.
Faraone immagina che il ‘Porcellum’, ovvero la legge elettorale nazionale che consente alle segreterie di partito di ‘nominare’ i deputati della Camera e i Senatori non verrà cambiata. Da qui la proposta: “Si organizzino le primarie per sconfiggere le liste bloccate”.
“Queste decisioni mi aspetto – conclude Faraone – nessuna resa dei conti, ma forti segnali di discontinuità che ci facciano parlare ai tanti cittadini delusi dai partiti e da questa politica.
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