Avrebbero procurato permessi di soggiorno, o i loro rinnovi, attraverso dichiarazioni dei redditi con dati fittizi o falsi contratti di lavoro. E ad essi si rivolgevano numerosi extracomunitari, dimoranti nella provincia di Palermo, per riuscire a ottenere i documenti necessari a restare nel capoluogo siciliano. Con questa accusa la polizia di stato e la guardia di finanza, su disposizione del tribunale di Palermo, stanno eseguendo numerosi arresti e perquisizioni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Al momento risultano arrestate nove persone, tra le quali un poliziotto e un rappresentante della comunità Tamil nella Consulta delle Culture del Comune. L’operazione, denominata Immigratis, vede inoltre coinvolti anche commercialisti e centri di assistenza fiscali. Le indagini, durate due anni, avrebbero portato alla luca un’articolata rete di professionisti che in questo modo, secondo l’accusa, avrebbe lucrato sul fenomeno migratorio, consentendo a chi teoricamente non ne aveva i presupposti di ottenere gli agognati documenti.
Nel corso dell’operazione sono finiti agli arresti domiciliari Gesualdo Meli, Antonino Di Majo, Gianfranco Ficano, Francesco Noto, Antonino Pisciotta, Paola Giannetto, Antonino Russo, Marco Celani e il poliziotto dell’ufficio immigrazione Salvatore Giacobbe che sfruttava le sue entrature in prefettura ed è il marito della titolare di un Caf di Castelvetrano. Per Thayaraj Arulnesan, membro della Consulta delle culture del Comune di Palermo e a sua volta titolare di un Caf, il gip ha disposto il divieto di dimora nel comune di Palermo e obbligo di presentazione all’ufficio immigrazione della questura per tre giorni a settimana. Altri otto indagati non sono stati raggiunti da misura cautelare. Sono accusati a vario titolo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
Gli immigrati, provenienti anche da regioni differenti e in alcuni casi effettivamente residenti all’estero, attraverso un passaparola all’interno delle singole etnie giungevano a Palermo e manifestavano ai professionisti contabili la loro esigenza di avere una dichiarazione dei redditi ad hoc per il raggiungimento della soglia minimo di reddito prevista per proseguire il loro soggiorno in Italia. In certi casi il “servizio” veniva richiesto telefonicamente, con le chiamate che sono state intercettati dagli investigatori.
Il fenomeno aveva assunto una tale dimensione da allarmare i poliziotti dell’Ufficio Immigrazione che, allertati i colleghi della squadra mobile e in sinergia con le fiamme gialle, hanno dato avvio a controlli approfonditi sulle dichiarazioni dei redditi trasmesse determinando la revoca di gran parte delle richieste avanzate attraverso la fitta rete di professionisti e addetti ai lavori che, dietro il pagamento di compensi che raggiungevano anche i mille euro, offrivano tutta una gamma di servizi, finalizzati essenzialmente all’ottenimento dei relativi permessi.
Il metodo consisteva in alcuni casi nell’attivazione di partite Iva per ditte individuali per soggetti extracomunitari – per la maggior parte censiti come venditori ambulanti -, in altri casi venivano fatti risultare fittiziamente assunti come collaboratori domestici dagli stessi professionisti o da soggetti compiacenti. Sono numerosi gli imprenditori extracomunitari fasulli allo stato attuale censiti dai finanzieri e dai poliziotti, che, oltre a soggiornare illegalmente nel territorio nazionale si ritrovano anche con i contributi previdenziali versati tali solo sulla carta visto che il loro versamento avveniva mediante compensazione di crediti d’imposta creati ad hoc nelle false dichiarazioni fiscali. Sono in corso ulteriori accertamenti volti a quantificare i guadagni illegalmente conseguiti dai professionisti e dai vari Centri di Assistenza Fiscale. Il fenomeno criminale, accertato già dal 2015, va comunque riferito a periodi anche pregressi e gli investigatori lo ritengono ancora oggi perdurante.
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