«Froci siamo, non esseri umani». Iniziava più o meno così il post di Daniela Tomasino, attivista lgbt e fra le principali organizzatrici dell’annuale Pride di Palermo. Quello che Facebook ha censurato, a distanza di mesi. Per poi bloccarle anche il profilo. «Contravviene alle regole» le manda a dire il social con un messaggio. Il post risale al marzo di quest’anno, epoca in cui a tenere banco in Senato e su tutte le piattaforme virtuali è il dibattito sulla legge Cirinnà sulle unioni civili. «In effetti si trattava di un post abbastanza acido, in cui usavo delle frasi molto forti per alludere a tutti quelli che, usando questo linguaggio, ci trattano male e non ci considerano neppure persone» dice la donna a MeridioNews. Per veicolare la sua denuncia, la sua rabbia, il suo disappunto di quei giorni sceglie l’incipit di una poesia di Nino Gennaro, poeta e drammaturgo corleonese che con la sua arte si è battuto contro tutti i pregiudizi. «Era una sorta di citazione, solo che Facebook non l’ha colto», scherza Daniela.
Pare, però, che il messaggio incriminato non sia stato segnalato da un utente infastidito. «Inizialmente lo avevo pensato – spiega – Ma poi ho avuto modo di vedere che era successa la stessa cosa ad altri attivisti lgbt, quindi mi sono detta che dovevano aver cambiato una qualche impostazione di Facebook, magari per contrastare l’omofobia». Il social, secondo la volontaria di Arcigay, in passato aveva addirittura lasciato passare dichiarazioni piuttosto infelici da parte di utenti contrari alle unioni civili come ad altre tematiche simili. «Probabilmente adesso avranno lanciato qualche software automatico che individua parole di questo tipo, dispregiative, per poi bloccare tutto. Secondo me è successo questo». Certo, i meccanismi di Facebook si possono conoscere solo fino a un certo punto, ma sembra davvero un’ipotesi valida. «Non credo ci sia un piano per segnalare contemporaneamente tutti gli attivisti, mi sembra una cosa allucinante» dice ancora Daniela, che da domani mattina potrà nuovamente accedere al proprio profilo, al contrario di altre persone bloccate addirittura per otto giorni.
Serve, però, che Facebook impari a fare una sorta di scrematura dei post da censurare? «No» risponde decisa Daniela. «Ma qualora questo dovesse veramente significare un cambio di passo. Facebook ha un miliardo di utenti, ovviamente è un sistema molto complesso, ma il vero problema è che spesso lascia le maglie troppo larghe per quanto riguarda fascismo, razzismo, bufale e omofobia, che invece sono problemi serissimi» dice, alludendo all’innegabile poteri di messa in circolo e di fungere da cassa di risonanza propri del noto social. «Se io voglio scrivere una qualsiasi bufala, che sia sulla Boldrini o sui migranti, mi basta scrivere una frase e nessuno mi fa nulla, anzi, Facebook la diffonde. Finora sono rimasti tranquilli anche tutti quelli che creano gruppi solo per incitare all’odio. Quindi – conclude l’attivista – se in questo modo vogliono stringere le maglie che ben venga, sarei felice di ritrovarmi il profilo bloccato per un paio di giorni se l’intento fosse davvero questo».
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