C’è un borgo immerso nel Parco delle Madonie, Gangi, a mille metri sopra il livello del mare, dove si respira aria pulita e i pochi giovani che hanno resistito alla tentazione di andare via hanno ancora voglia di mettersi in gioco. Come Fabrizio Fazio, 29 anni, da tutti conosciuto come l’artigiano del tamburo, nato e cresciuto nel comune del palermitano, dove oggi vive con la moglie e la figlia di due anni proprio sopra il negozio dove dal 1998 costruisce e vende tamburi di ogni tipo e dimensione.
Un’iniziativa personale che niente ha a che fare con mestieri di famiglia che si tramandano di generazione in generazione. Piuttosto una scommessa con se stesso che Fabrizio ha scelto di accettare, perché, nonostante «qualunque nuova esperienza si cominci non si può sapere come va a finire», il gangitano si ritiene fortunato e soddisfatto. «Sono il primo a Gangi a lavorare con i tamburi a cornice – racconta a MeridioNews l’artista, che già da tempo si cimenta con quelli da processione – che costruisco partendo da un antico setaccio per pulire il frumento su cui si monta la pelle di capra». Componente fondamentale da cui nasce La Capra Canta, il nome del negozietto tra le vie del borgo. Un mestiere con cui difficilmente si può arrivare a fine mese e che «non permette di sopravvivere con la famiglia» spiega Fabrizio, perché «in un mese ne posso vendere uno o trenta, non c’è sicurezza di vendita come in una pasticceria o un negozio di alimentari». I prezzi variano da 1,50 per quello tascabile a 600 euro per i più elaborati.
Ma fortunatamente la concorrenza non è spietata, ed essendoci solo altri cinque o sei artigiani in tutta Italia il siciliano può contare su un mercato che oltrepassa i confini dell’isola. «Lavoro molto anche online, anche se preferisco conoscere il destinatario per poter costruire lo strumento più adatto a lui» – sottolinea Fazio, che rifornisce non solo orchestre e gruppi musicali, ma anche professionisti che vogliono esporre in casa un oggetto d’artigianato unico. «Li realizzo ad hoc per ogni cliente che decide di affidarsi alle mie capacità tecniche ed esecutive. C’è chi lo vuole più basso, chi in pelle d’asina, chi desidera quello da sciamano e chi la versione sintetica che resiste più facilmente all’umidità».
Ogni tamburo infatti è come un figlio, ha i suoi colori, i suoi suoni, i suoi profumi, la propria storia. Un’anima che va raccontata e tramandata. «Se mia figlia crescendo vorrà seguire le mie tracce ne sarò felice, altrimenti non so se qualche giovane verrà a bussare alla mia porta per imparare i trucchi del mestiere».
Che comunque negli ultimi due anni ha avuto un boom di interesse, grazie all’inserimento di Gangi nella lista de I borghi più belli d’Italia, la proclamazione di Borgo dei Borghi 2014 da parte della trasmissione Alle falde del Kilimangiaro e il titolo di Gioiello d’Italia ottenuto dal Consiglio dei Ministri e dall’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani).
«Grazie al lavoro del sindaco e dei cittadini per promuovere Gangi la mia cerchia di clienti si è ampliata del 90 per cento», conferma Fabrizio. «Prima non mi conoscevano in molti, ma tramite i media e i turisti mi sono fatto apprezzare e hanno girato anche alcuni documentari proprio qui». Nel borgo che l’artigiano del tamburo non ha mai pensato di abbandonare, perché «è giusto stare dove è nata l’idea». E dove ogni giorno si aggiungono alla collezione tamburi colorati, veri e propri strumenti sacri che rappresentano il sole e la terra e che sono molto legati alle tradizioni: è credenza popolare, infatti, che tenerne uno in casa allontani gli spiriti e il malocchio.
Foto di Rosario Zito
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