Experia, l’amarezza degli ex occupanti «Ferita aperta, ci opporremo al cantiere»

La notizia che l’appalto sia stato assegnato li coglie di sorpresa e loro non riescono a nascondere l’amarezza. Gli ex occupanti del centro popolare Experia non ricevevano da mesi notizie sull’edificio che hanno animato per 17 anni, fino all’alba del 30 ottobre 2009, quando sono stati sgomberati a suon di manganelli dalle forze dell’ordine. «Una decisione politica mascherata da esigenze di sicurezza, ma nient’altro che una decisione politica», dicono. E adesso che i lavori di ristrutturazione si avvicinano, minacciano battaglia.

A parlare a nome di tutti è Silvio Indice, 39 anni, membro del comitato di gestione del cpo, «anche se adesso è solo un collettivo politico». Perché da gestire non c’è più niente. Il portone rosso di via Plebiscito 782 è chiuso da quattro anni e mezzo. Sarà riaperto nel giro di qualche mese, quando la Comitel srl – la ditta vincitrice della gara della soprintendenza ai Beni culturali di Catania – avvierà il cantiere che trasformerà l’ex teatro educativo della Casa del balilla, ex cinema ed ex centro sociale in un auditorium per l’Ersu, Ente regionale per il diritto allo studio.

«Abbiamo passato anni a opporci alla speculazione dell’università di Catania nel quartiere Antico corso, abbiamo denunciato quanto tutta quella zona fosse stata snaturata dagli interventi dell’ateneo. E adesso… Ovvio che siamo contrari: a che serve un auditorium proprio là?». Secondo Indice, l’idea di mettere in piedi un teatro per gli studenti dove prima c’era uno spazio per tutti gli abitanti di quell’area della città «è stupida». «Hanno speso decine di migliaia di euro per blindare meglio il cpo, per impedirci di entrare ancora – racconta il ragazzo – E adesso spendono un milione e mezzo per un’opera inutile, costosa, che non farà altro che aumentare la sfera di interesse dell’università». Con i soldi che saranno usati per ristrutturare l’Experia, «quante cose si potevano fare? Quanti campi di calcetto? Quanti appartamenti dell’Antico corso potevano essere restaurati? Quegli stessi appartamenti in cui vivono in condizioni assurde gli studenti di quell’università che crede che un auditorium sia la priorità».

E se anche nelle intenzioni dell’Ersu ci fosse di affidare la struttura che sarà alle associazioni studentesche, i militanti non la vedono come una notizia positiva. «Negli ultimi anni – sostiene Silvio Indice – abbiamo assistito a un’espulsione graduale ma sistematica dei ceti meno abbienti dal sistema universitario, e le associazioni non sono altro che un’espressione di questo modo di agire, quindi quel posto sarà comunque settario». «Sono anni che chiediamo che nell’Antico corso si creino occasioni di socialità – continua l’ex occupante – ma non è dimenticando l’Experia che le cose si risolvono». Una delle principali battaglie degli attivisti era, ai tempi dell’occupazione, «la richiesta di un progetto sociale per l’intero rione». La costruzione di un auditorium dimostrerebbe che questo progetto non c’è. «In questi giorni si denuncia il record di sfratti in città, e in un quartiere povero tolgono capitali dal sociale e li passano sulla speculazione edilizia».

Ma dai tempi dello sgombero a oggi le cose sono cambiate. È cambiata l’amministrazione comunale, è cambiata la dirigenza dell’università e anche quella dell’Ersu, è cambiato perfino il soprintendente ai Beni culturali che non è più quel Gesualdo Campo che così fortemente aveva voluto che gli occupanti venissero cacciati, e cacciati in fretta. «Anche se le teste sono cambiate, come facciamo a fidarci di chi ha cementificato senza badare all’area archeologica?». Il riferimento è all’ex Reclusorio del convento della Purità, proprio alle spalle del fu cpo. «Lì si potrebbe fare una piazza, una bambinopoli, è uno spazio bellissimo, in cui con poche lire abbiamo sempre realizzato tante attività aperte a tutti».

Ed è l’apertura la chiave del disappunto espresso da Indice: «L’Experia potrà anche essere accessibile per gli studenti, ma non lo sarà alla città». Un esempio è quello del poco distante Monastero dei Benedettini, «un fortino chiuso e impenetrabile per i catanesi che ci vivono accanto». I modi per farlo comunicare con l’esterno sono tanti: «Se organizzi iniziative che coinvolgano tutti, i luoghi tornano a essere quello che sono, cioè spazi da condividere». Pubblici. Esattamente come, nel sentore dei militanti e di una parte di Catania, era il centro popolare occupato: «Lo sgombero è ancora una ferita aperta – ammette Silvio Indice – Non ci lasceremo scivolare addosso questi lavori». Le idee sono ancora vaghe, ma una cosa è certa: «Organizzeremo manifestazioni, ci opporremo al cantiere».

[Foto del Centro popolare Experia su Facebook]

Luisa Santangelo

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