Il sindaco metropolitano di Messina, Cateno De Luca, ieri ha formalizzato il suo rifiuto a celebrare le elezioni di secondo livello per eleggere i componenti del Consiglio della Città metropolitana, l’organismo che sostituisce le ex Province, stabilite in Sicilia per il prossimo 30 giugno.
«Se saremo costretti a dichiarare il dissesto finanziario, non comprendo – spiega De Luca – perché dobbiamo celebrare queste elezioni. È confermato lo sciopero dei 108 sindaci della Città metropolitana di Messina per l’1 maggio alle 9, con un corteo che partirà da piazza Duomo e si concluderà al palazzo della prefettura, dove sarà consegnata nelle mani di sua eccellenza il prefetto la fascia azzurra di sindaco della Città metropolitana».
«Dall’1 maggio – conclude il sindaco – non firmerò più atti nella mia qualità di sindaco della città metropolitana di Messina. Se il governo nazionale ha deciso di far saltare tutte le ex Province siciliane, provveda anche a nominare dei commissari ad acta che si prendano le denunzie per omissione di intervento che stiamo gia’ subendo per mancanza dei bilanci».
L’annuncio di De Luca arriva due giorni dopo di quello del sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, del Movimento 5 stelle e originario proprio del Messinese. Villarosa, da tempo al lavoro a Roma sul dossier ex province siciliane, ha comunicato che le soluzioni trovate per mettere una toppa sulla grave situazione finanziaria consisteranno nella possibilità di approvare gli esercizi 2018 e precedenti anche in assenza di bilanci previsionali approvati, la predisposizione per il 2019 di un bilancio di previsione solo annuale, l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione libero, destinato e vincolato per garantire il pareggio finanziario e la possibilità di effettuare variazioni di bilancio in entrata o in uscita in caso di esercizio provvisorio per utilizzare risorse pubbliche. E ancora il trasferimento a carico della Regione Siciliana per l’anno 2019 di un importo complessivo di 150 milioni di euro, utilizzando 140 milioni di euro di risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione e altri 10 milioni di euro trasferiti direttamente dal bilancio statale a titolo di riduzione del contributo alla finanza pubblica, il cosiddetto prelievo forzoso. Proprio quest’ultimo punto è al centro delle aspre critiche degli enti locali, che chiedono che venga ridotto drasticamente. E infine la possibilità data alla Regione Siciliana di ripianare entro la scadenza della legislatura regionale l’eventuale maggior disavanzo derivante dalla cancellazione definitiva dei residui attivi e passivi.
Tutti questi punti dovrebbero essere inseriti in un accordo con la Regione siciliana che dovrebbe finire in un emendamento in uno dei provvedimenti attualmente in discussione in Parlamento.
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