Ex Province, il rischio spopolamento con quota 100 Strade senza cantonieri e dubbi su edilizia scolastica

Il conto alla rovescia è iniziato. A partire dal 1 agosto, per effetto di quota 100, le ex Province siciliane si spopoleranno ulteriormente. Nel solo ente intermedio di Palermo, nel secondo semestre del 2019 andranno in pensione cento funzionari, mentre entro il triennio di attuazione della riforma pensionistica si arriverà, secondo le stime dei sindacati, a circa 350 funzionari in meno. A livello regionale, nel 2022 potrebbero essere appena duemila i dipendenti nelle nove ex Province. Un terzo, cioè, dei seimila funzionari che lavoravano negli enti intermedi fino a dieci anni fa.

A lanciare l’allarme è Saverio Cipriano, rsu a Palermo, che si chiede «quale sia la prospettiva che la politica intende dare alle ex Province. In questo modo – spiega – i pochi servizi già erogati a fatica saranno compromessi dall’assenza di personale, con disagi non di poco conto». La situazione in cui versano i Liberi consorzi e le Città metropolitane è nota: dall’entrata in vigore della riforma Delrio, è iniziato lo stillicidio del recepimento della norma da parte della Sicilia. Nel quinquennio Crocetta, l’abolizione delle Province annunciata dal salotto televisivo di Massimo Giletti si è trasformata in uno scontro costante con Roma, che per quattro volte ha impugnato la norma approvata dall’Assemblea regionale, fino ad arrivare alla ratifica della norma così come redatta dall’ex ministro di centrosinistra. 

Ma anche con la nuova legislatura guidata da Nello Musumeci non è andata meglio. Il leitmotiv della campagna elettorale dell’attuale governatore è stato proprio quello di rilanciare gli enti intermedi. A oggi però ogni tentativo è stato vano. Intanto il pastrocchio legislativo attorno alle ex Province ha fatto sì che i nove enti siciliani non siano rientrati nella ripartizione nazionale del fondo destinato al funzionamento delle strutture, fino all’accordo siglato dall’assessore all’Economia Gaetano Armao, che ha ridato una boccata d’ossigeno alle amministrazioni, rimaste in uno stato finanziario talmente grave da non riuscire a chiudere i bilanci.

Adesso però arriva la nuova batosta, legata questa volta al rischio desertificazione degli uffici. A Siracusa, ad esempio, al momento nei 1500 chilometri di strade di competenza provinciale non ci sono cantonieri in servizio a controllarne lo stato. Va poco meglio nel Palermitano: della dotazione organica iniziale di 500 cantonieri, attualmente ne restano in servizio appena 40, che scenderanno a 30 per effetto di quota 100. E ancora, la manutenzione dell’edilizia scolastica: la riforma pensionistica favorirà la fuoriuscita dal mondo del lavoro soprattutto delle categorie C e D, tra le quali sono spesso inquadrati ingegneri e geometri, che si occupano dei sopralluoghi negli istituti scolastici per verificarne le eventuali carenze strutturali. In che modo si continuerà a garantire il servizio? Interrogativi che circolano con insistenza tra i corridoi delle ex Province, mentre Gianni Rizzotto, rsu dell’ente di Siracusa, avverte: «Il rischio e la paura di molti è ritrovarci un esercito non soltanto ridimensionato, ma formato sostanzialmente da soldati. E soprattutto senza generali».

Riceviamo e pubblichiamo la nota di Giuseppe Sangiorgi, presidente del Comitato nazionale Pro Province:
Interveniamo per fornire ai lettori, ai dipendenti e a tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’ente, un’adeguata e giusta informazione, ché da anni sull’argomento se n’è fatta tanta e nella stragrande maggioranza dei casi in malo modo. La precisazione è legata alle dichiarazioni rilasciate dal rappresentante rsu della Cgil e che nell’articolo viene riportata in neretto: “i pochi servizi già erogati a fatica saranno compromessi dall’assenza di personale, con disagi non di poco conto”. 
Condividiamo perfettamente l’allarme lanciato dal rappresentante sindacale, quando parla di spopolamento, di carenza di personale tecnico e aggiungo anche amministrativo inquadrato in categoria C/D e sull’inadeguatezza della classe politica, ma ci trova distanti sul termine utilizzato “pochi servizi”. Infatti, contrariamente a quanto accaduto in Italia, dove alcune regioni hanno trasferito qualche funzione, personale e risorse ad altri enti, in Sicilia le funzioni e quindi i servizi sono rimasti tali e quali in capo alle Città metropolitane e ai Liberi consorzi, con l’aggravante che gli stessi sono svolti, dal governo Crocetta ad oggi, con la metà del personale in servizio e con pochissime risorse finanziarie disponibili.
Diciamo questo, non per polemizzare con i sindacati e la politica, perché nei loro riguardi ci siamo pronunciati nei diversi comunicati, evidenziandone le rispettive responsabilità, ma per fare chiarezza ed evitare ulteriori malintesi e facili strumentalizzazioni sull’argomento.

Miriam Di Peri

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