Ex mulino Santa Lucia, il processo va avanti Il guaio catanese di Bellavista Caltagirone

È in carcere ad Imperia dal 5 marzo per truffa aggravata ai danni dello Stato, ma a Catania il guaio dell’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone si chiama ex mulino Santa Lucia, il grande centro direzionale e commerciale che sorge in via Cristoforo Colombo, sotto sequestro preventivo dal 7 marzo del 2009. Proprietaria degli immobili è proprio la società di Caltagirone, l’Acqua Pia Antica Marcia, ma se la terza sezione penale del Tribunale di Catania confermasse le accuse di lottizzazione abusiva avanzate dalla Procura, quel mega centro verrebbe confiscato definitivamente diventando proprietà dello Stato.

Gli imputati nel processo iniziato nel dicembre del 2010 e giunto oggi alla nona udienza, sono cinque, accusati di abuso d’ufficio e lottizzazione abusiva. Giovanni Cervi, amministratore della Grand Hotel Bellini, primo proprietario e committente dei lavori di ristrutturazione; Maurizio Pennisi, amministratore della Italgestioni Edilizie, società subentrata come proprietaria; Giovanni Beneduci, amministratore dell’Acqua Marcia Holding (in seguito incorporata dalla Acqua Pia Antica Marcia S.p.A amministrata da Bellavista Caltagirone), la società che, sostiene la Procura, è stata di fatto il committente di tutti gli interventi edilizi e che è diventata in un secondo momento anche l’unica proprietaria degli edifici. Agli amministratori delle società coinvolte si aggiungono due funzionari del Comune di Catania: i controllori che non avrebbero controllato o avrebbero fornito pareri sul cambio di destinazione d’uso dell’immobile contrari alla legge. Si tratta di Vito Padalino, ex dirigente della direzione Urbanistica e Gestione del territorio, e l’avvocato Mario Arena, componente della Commissione edilizia e del Collegio della difesa. Proprio Arena, che è accusato solo di abuso d’ufficio, ha risposto stamattina davanti ai giudici alle domande del suo legale Antonio Fiumefreddo e del pubblico ministero Antonino Fanara.

La Procura punta il dito contro le richieste di concessioni edilizie per la ristrutturazione e il cambio di destinazione d’uso del vecchio mulino: da opificio a centro direzionale e commerciale. Un intervento, ha scritto il Gip Laura Benanti, che «avrebbe sostituito l’esistente tessuto urbanistico con altro diverso, incidendo in modo rilevante sull’assetto urbanistico della zona», realizzato violando le norme vigenti in materia di edilizia pubblica.

Il centro direzionale sorge infatti in pieno centro, in una zona sottoposta a vincolo di interesse pubblico. È su questo punto che si è giocato stamattina il contraddittorio tra il pm Fanara e l’ex funzionario del Comune, Arena. «Le destinazioni urbanistiche – si è difeso Arena, citando numeri e leggi – sono classificabili esclusivamente in due categorie: residenziali e produttive. Nel caso del mulino Santa Lucia non c’è stato alcun cambio di destinazione d’uso». Secca la domanda di Fanara: «Secondo lei quindi in quella zona era possibile trasformare un opificio in un albergo?”. «Assolutamente sì», la risposta dell’imputato. Ad Arena vengono contestati due pareri (del 2003 e del 2005) favorevoli al rilascio della concessione edilizia per la realizzazione del centro direzionale.

A difesa del suo operato, Arena ha ricordato tra le altre cose che il Collegio di difesa già nel 1999 si espresse a favore degli interventi urbanistici nel complesso della Purità, nel cuore del quartiere Antico Corso. «In quel caso il voto favorevole fu unanime e il cambio di destinazione d’uso era evidente visto che doveva trasformarsi in centro universitario». Un esempio che potrebbe sembrare inopportuno considerando che il cantiere della Purità è fermo da più di dieci anni. Nei giorni scorsi il Gruppo Azione Risveglio ha realizzato un video che mette a confronto il vecchio opificio con l’attuale struttura. Poche immagini che, sicuramente più delle parole, mostrano l’invasiva trasformazione avvenuta.

Salvo Catalano

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