Etna19, centrodestra si ricompatta sotto il vulcano Miccichè: «Firmo per la ricandidatura di Musumeci»

«Forza Italia è viva, Renzi non lo so». La sintesi dell’attuale momento politico nell’area moderata è sintetizzata in una frase. A pronunciarla è Gianfranco Miccichè, a Viagrande, nel corso della seconda giornata dell’evento Etna19 – Al lavoro per l’Italia, organizzata dall’assessore regionale Marco Falcone. La reunion di Forza Italia, che ha registrato l’intervento in collegamento audio di Silvio Berlusconi, è iniziata ieri nel giorno in cui Matteo Renzi è arrivato in Sicilia per lanciare Italia Viva con l’obiettivo di diventare primo partito dell’isola. 

Una sfida a distanza quella tra Renzi e Forza Italia i cui contorni sono ancora tutti da scoprire. Se l’ex premier ha ammesso di puntare ai voti degli elettori azzurri, il partito di Berlusconi in questi mesi sta riscoprendo una nuova vita dopo le difficoltà emerse prima e dopo il voto delle Politiche dello scorso anno. La scena, però, oggi sembra totalmente cambiata. A partire dai rapporti con chi fino a poco tempo fa era il nemico numero uno: Matteo Salvini. «Ha capito – dice Miccichè parlando del leader della Lega – che se vuole governare deve essere un uomo di Stato, non di casini o di protesta, ma deve essere uomo di proposte. Credo che che l’abbia capito, e se è così va benissimo». Messe da parte le dispute sui porti chiusi, il punto di incontro con Salvini potrebbe essere nella riforma del sistema delle autorizzazioni in Italia. Per Miccichè va rivoluzionato. «Salvini è d’accordo, Berlusconi ancora di più. Potrebbe essere la svolta per l’Italia», sottolinea il commissario forzista. 

Nel mirino di Miccichè ci sono i burocrati. «Non ce le fanno fare le riforme, perché perdono potere. Si offendono se non vai là e li preghi – attacca . Solo l’Italia ha il meccanismo dell’autorizzazione preventiva. Così tutti i dipendenti della Regione stanno in ufficio a cercare il cavillo per bocciare la pratica. La burocrazia deve controllare dopo non prima». Parole forti, se si considera che proprio la Sicilia è stata al centro di inchieste con risvolti nazionali: a partire dal caso Nicastri-Arata e la corruzione dei funzionari regionali. Ma anche sul tema delle tangenti, la risposta di Miccichè non tarda ad arrivare. «In Sicilia si pagano le tangenti per fare cose che si possono fare, e ti fanno capire che devi invitare a cena il burocrate. “Che fai? Non lo inviti?” – afferma il presidente dell’Ars -. Nel resto del mondo si pagano per fare cose illecite».

La sala dell’hotel Villa Itria è popolata da numerosi rappresentanti degli enti locali, oltre che dagli assessori forzisti presenti in giunta regionale, Pino Firrarello e l’ex sottosegretario Giuseppe Castiglione e , Pino . E da Miccichè arriva una mano protesa nei confronti di Nello Musumeci, il presidente della Regione con cui dal primo giorno dopo dopo il voto del novembre 2017 non sono mancati i momenti di attrito, fino ai giorni scorsi con la bagarre sul voto segreto a sala d’Ercole. «Con Musumeci andiamo sempre più d’accordo», rilancia il presidente dell’Ars. Il governatore viene definito così un uomo ragionevole anche se – e il riferimento è alla polemica sui vitalizi – «quando ha pressioni del popolo scivola su queste piccole cose demagogiche». La sommatoria, però, parrebbe essere a chiaro segno positivo. Al punto che per Miccichè, se si votasse domani nell’Isola, i siciliani rivorrebbero questo governo. «Io firmo la ricandidatura di Musumeci», annuncia.

E così, se una pace sembrerebbe sancita, non manca il tempo per attaccare quelli che nemici sono stati e nemici rimarranno: il Movimento 5 stelle. «Basta grillini, fuori dai coglioni. Avete fatto troppi danni», attacca Miccichè, parafrasando i vaffa di grilliana memoria. Per poi fare una previsione: «I cinquestelle sono in caduta libera, avevano un compito limitato nel tempo e lo hanno svolto. Hanno svolto il loro compito facendo delle cose importantissime, come il taglio dei vitalizi e dei parlamentari».

Prima di Miccichè ad attirare l’attenzione della platea, inscenando un personale show, era stato Cateno De Luca. Il sindaco di Messina, che qualche tempo fa non ha fatto mistero di puntare alla carica di presidente della Regione, ha attaccato l’intero impianto politico regionale. Un’accusa trasversale. «Non farei mai il presidente della Regione con questa Regione – ha detto De Luca -. L’obiettivo deve essere quello di eliminare questa regione così com’è: è palermocentrica. Il presidente deve essere un primo ministro, non deve rompere i coglione ai Comuni. Decentrare – ha attaccato il primo cittadino messinese – significa dare funzioni e risorse alle Città metropolitane. Il 90 per cento dei dipendenti sono di Palermo. Per chiedere un parere ambientale per una frana devo aspettare otto mesi, mentre la stessa mette a rischio le comunità».

A chiudere l’evento e sugellare la volontà di Forza Italia di tornare protagonista della scena politica nazionale è stata la voce di Silvio Berlusconi. «Nella coalizione di centrodestra continuiamo a essere il cervello, il cuore, la spina dorsale. In Italia siamo gli unici a combattere contro l’oppressione fiscale, burocratica, giudiziaria mentre gli altri partiti non ce l’hanno neanche nella loro azione politica», ha detto Berlusconi. Provando a rimettere ordine nelle gerarchie.

Salvo Catalano

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