«Qualche cornuto sull’Etna circola, ma cervi mai visti». Suscita ilarità tra gli utenti catanesi la foto pubblicata sul social network Facebook dal cittadino Leonardo Patti: un segnale stradale di pericolo che ritrae l’immagine di un cervo. Con annesso limite di velocità a 50 chilometri orari. Il cartello, immortalato sulla strada provinciale che da Rifugio Sapienza porta fino a Zafferana, serve a segnalare genericamente agli automobilisti la presenza di animali selvatici. «Ma certo che mettere dalle nostre parti un cartello così fa un po’ ridere. E’ chiaro che va posto un segnale coerente con la fauna locale», spiega Giuseppe Sperlinga, speleologo e docente dell’università di Catania, esperto e amante della Natura etnea. Fauna poco selvatica e, soprattutto, di dimensioni non paragonabili a quelle di un cervo.
«Proprio lì, dove c’è il cartello, si trova un ovile attivo per sei mesi all’anno e le pecore sono ogni giorno in mezzo alla strada», racconta Giuseppe Di Stefano, presidente dell’associazione Etna Walk. «Sull’Etna è più facile incontrare i pastori e il loro gregge che animali di grossa taglia conferma Sperlinga Pecore e mucche però non fanno parte della fauna selvatica, sono animali domestici». Per cui esiste un apposito cartello, diverso da quello immortalato da Patti, e che ritrae proprio una mucca.
Eppure, almeno fino a un centinaio di anni fa, l’immagine di un cervo sulle strade dell’Etna non avrebbe stupito nessuno. «Una volta c’erano il daino e il capriolo, ma ora non più – spiega il professore Gli animali selvatici che potrebbero attraversare la strada sono soprattutto le volpi. E poi conigli, lepri e istrici. Ma non animali di grossa taglia». A confermare la presenza sul vulcano etneo «fino a 150-100 anni fa» di specie animali oggi scomparse è anche uno studio per il progetto Catania Natura del dipartimento dell’università etnea di Botanica a cura di Angelo Messina. Le strade dell’Etna, racconta lo studioso, erano allora percorse dalla lontra – «che viveva alla base del monte» -, dal lupo – «che non era raro nella fascia boscosa e del quale da molto tempo non si ha sicura notizia» -, dal cinghiale, dal daino e dal capriolo, che già 120 anni fa, si legge, erano limitati «soltanto alla zona di Bronte e di Maletto».
Ad aggiungersi ai mammiferi ancora oggi presenti sul vulcano, oltre alle comuni volpi e ai poco imponenti conigli, lepri e istrici, sono anche il gatto selvatico, la donnola, il furetto e la martora. Ma anche roditori come il ghiro, l’istrice, il moscardino e il quercino. Senza corna ma, soprattutto, più rari da incontrare.
[Foto di Leonardo Patti]
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