Etna, parla il fotografo Riccardo Improta «Il vulcano è come un essere vivente»

«L’Etna è più di una semplice realtà territoriale, è un essere vivente». Parola di Riccardo Improta, 50enne fotografo romano con alle spalle 25 anni di istantanee scattate a paesaggi di tutto il mondo. Oltre a «una continua fonte di ispirazione», a Muntagna, com’è chiamato il vulcano in dialetto catanese «può essere una scuola eccellente per formare professionisti della fotografia». E proprio a fine ottobre sarà in città per tenere un workshop – in collaborazione con l’associazione EtnaWalk – all’interno del parco dell’Etna.

L’evoluzione tecnologica – con l’introduzione di smartphone e fotocamere digitali – ha reso più accessibile il mondo della fotografia. «L’Etna è un soggetto molto fotografato – dice a MeridioNews Improta – a rendere lo scatto diverso dagli altri sono sono sicuramente lo studio e l’esperienza del fotografo, ma soprattutto l’attitudine a stabilire una consapevole connessione emotiva con il paesaggio». Qualità che «riescono a trasformare la semplice immagine in arte». Che per il professionista romano «è la capacità di fare immedesimare lo spettatore in ciò che sta guardando».

Di fronte al vulcano attivo più alto d’Europa «una fotografia di paesaggio è vincente quando chi la osserva è proiettato al suo interno, quando il senso di immedesimazione emerge spontaneamente». Ricercare un luogo particolare è solo parte dello studio che sta a monte dello scatto: «Fotografare è un atto intimo e rivelatore – dice il fotografo romano – , non ci sono regole. Il linguaggio delle immagini si esplica non solo nel vedere, ma molto nel “sentire”».

In 25 anni di carriera, «ho viaggiato e fotografato molto – continua – ma sento una particolare attrazione per i luoghi in cui è la natura a dettare il ritmo». Dal 30 ottobre Improta parteciperà come formatore alla tre giorni del workshop di fotografia landscape organizzato dall’associazione EtnaWalk. «Sull’Etna la fotografia di paesaggio può raggiungere altissimi livelli di espressione – conclude il fotografo romano – È più di una semplice realtà territoriale, è un essere vivente».

Marco Di Mauro

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