Tutto nella norma. L’eruzione dell’Etna ha illuminato la nottata, ma lo scenario non sembra destinato a subire improvvise o più imponenti variazioni. C’è insomma ancora da aspettare per rivedere le magnifiche fontane di lava degli anni dal 2012 al 2016. L’attività stromboliana, iniziata ieri da una bocca sul fianco del nuovo cratere di sud-est, non è cresciuta ulteriormente in energia, cedendo il passo soltanto a una colata di lava che si estende verso est alla base della zona sommitale. Un pennacchio di cenere, dovuto ad emissioni poco intense, si è alzato in cielo senza però dare problemi all’aeroporto di Catania.
Il tremore vulcanico, una volta esauritesi le esplosioni stromboliane, ha iniziato la sua curva discendente. Il vulcano sembrerebbe, insomma, in un fase di riequilibrio segnata da questi «piccoli eventi eruttivi», come li chiamano informalmente gli esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia-Osservatorio etneo di Catania, che rappresenterebbero quasi dei ciclici sfoghi della montagna. Un quadro destinato a mutare repentinamente, però, se, dalle profondità della terra, dovessero risalire rinnovate e ingenti quantità di roccia fusa. Fenomeno di cui al momento non sembrano esserci avvisaglie.
«Al momento – spiega a MeridioNews Stefano Branca, vulcanologo dell’Ingv di Catania – vi è del magma residente da tempo nella zona sommitale, un magma che diventa sempre più cristallizzato, viscoso. Il risultato sono questo tipo di eruzioni più o meno contenute. Quella di adesso, ad esempio – annota l’esperto – è alimentata dallo stesso magma dell’eruzione del 2018».
Nessun pericolo per l’uomo – la zona sommitale dell’Etna è chiusa alle escursioni, mentre la Protezione civile ha adottato un nuovo protocollo di sicurezza, coinvolgendo i tredici Comuni competenti territorialmente – né per la «tenuta» del cratere di sud-est. «La bocca si è aperta sul fianco più solido del cratere, la zona più instabile è invece quella a sud». Una circostanza anch’essa nota da tempo: la rapida crescita del cratere, dovuta alle eruzioni dell’ultimo decennio, ha aumentato il rischio che nell’area meridionale del cono di sud-est possano verificarsi distacchi e frane, specie nel caso di forti eruzioni.
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