Etna burning, Parco e organizzatori a rischio denuncia Dopo-festival tra pulizia, droga e «morte ai giornalisti»

«L’
Etna burning festival è terminato ieri pomeriggio e gli organizzatori hanno lasciato pulito. Adesso però si dovranno svuotare in fretta i cassonetti». Si conclude così la prima parte delle polemiche suscitate dalla tre giorni musicale a piano Pernicana, nel Comune di LinguaglossaCon musica a decibel troppo alti e danni per la fauna secondo i cittadini e gli ambientalisti. Con una grande festa come poche se ne vedono da queste parti, invece, per organizzatori e partecipanti. Che ci tengono a specificare come il genere musicale – e la filosofia dell’evento – non fosse precisamente né house né techno, ma Goa, un genere di musica elettronica con diversi riferimenti allo spiritualismo. Intanto, sulla pagina Facebook dell’appuntamento, alcuni partecipanti invocano la «pena di morte» per i giornalisti di Meridionews che si sono occupati del caso, definiti «cancro della Sicilia» e «gentaglia ignobile». Durante il festival, inoltre, sarebbe circolata droga di scarsa qualità, nonostante i controlli straordinari disposti dalla questura di Catania. «Stiamo valutando un’informativa complessiva da mandare alla Procura di Catania», continua Luca Ferlito, comandante del Corpo forestale che segue le indagini sul caso.

«Stiamo accertando gli
atti rilasciati dal Parco dell’Etna per l’autorizzazione – spiega Ninni Lo Dico, ispettore ripartimentale delle foreste – Se ci sono responsabilità penali, invieremo un fascicolo alla Procura». Ad essere contestata all’ente è soprattutto la mancanza di una valutazione di incidenza ambientale, necessaria per qualunque iniziativa nell’area interessata dal festival, che si trova in zona B del Parco ed è un sito di interesse comunitario tutelato dalla legge. «Eppure non ci risulta che ci sia», spiega Lo Dico. Non solo. «Verificheremo anche eventuali responsabilità del Comune di Linguaglossa – continua  -, anche se la tutela ambientale spettava al Parco». Terza parte sono poi gli organizzatori del festival, il gruppo
Tekinsicily23. In regola con le autorizzazioni, ma con una scheda tecnica che non accennava alle attività collaterali, come il campeggio in un’area dove è di solito vietato. Senza considerare «la musica a decibel che non si contavano». «Dobbiamo verificare cosa l’ente organizzatore abbia consegnato al Parco – spiega Lo Dico – Se sapevano che non si trattava solo di un evento musicale ma di ben altro, allora anche gli organizzatori e i realizzatori potrebbero essere coinvolti». Questione diversa è capire chi, nello specifico, dentro e fuori gli uffici, avrebbe eventualmente saputo.

Durante il weekend intanto la
questura di Catania ha intensificato i controlli nel territorio del Parco dell’Etna e proprio nelle aree protette. Munite anche di acool test, le forze dell’ordine hanno controllato 250 persone, fermato e verificato 150 veicoli, elevato 27 multe, effettuato due perquisizioni e un sequestro. I controlli però sembrano non aver evitato la vendita di sostanze stupefacenti nell’area del festival. Ieri alle 15, sulla pagina Facebook dedicata all’evento, è comparso un post che, tra gli insulti, recita: «Tu che venivi con il sorriso, con un volto amichevole e luminoso, quando in realtà eri lì con il solo intento di riempire le tue tasche, arricchendoti alle spalle degli altri, vendendo merda. Grazie del malessere che ci hai regalato, grazie di averci rovinato la festa costringendoci a passarlo in auto con il sospetto di essere rimasti avvelenati. Che nel futuro prossimo, si possa trovare un modo per evitare che a gente come te, non possa essere permesso di mettere piede a questi eventi».

«A proposito perché non vendete al bar i
pills test? Sarebbe un’ottima cosa, anzi fondamentale direi», risponde Simone, un altro utente, riferendosi ai kit per identificare il tipo di sostanze contenute in una pillola. E, per restare in tema, a chi se la prende con i giornalisti risponde Andrea: «Anche i tossici purtroppo sono il cancro e non solo della Sicilia…e ti parla un ragazzo che di festini se n’è fatti un bel po’». Per ricevere come risposta: «Meglio un tossico eroinomane che un giornalista di merda così …mafioso e corrotto, vero la morte può redimere il loro operato cancro della Sicilia».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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