Etna bio valley, microimpresa ecosostenibile Produzione, riciclo e libero scambio

Un casale sull’Etna, nel comune di Sant’Alfio, in mano ad una decina di giovani under 30. Nicola e Marco fanno l’orto sinergico, Graziella musico e ippoterapia, Danilo il sapone in casa e c’è già chi pensa ad una web tv per riprendere e diffondere le varie attività. Si chiama Etna bio valley ed è un progetto di microimpresa eco e green, che punta a ritrovare la genuinità della produzione all’insegna dell’ecosostenibilità.

«L’iniziativa è nata spontaneamente durante la protesta dei Forconi, quando tutti si disperavano in coda dal benzinaio per fare rifornimento», spiega Salvo Rubulotta, uno degli ideatori. «In quell’occasione ho riflettuto sul fatto che dall’olio di semi esausto è possibile fare il biodisel. Allora ho realizzato un video che spiegava la vera storia di questo combustibile, lanciando una sfida: formare un forum catanese su questi temi. Sono stato subito contattato da altri ragazzi, tra cui il gruppo Res. Ca (Resistenza Catanese) e da un politico, Piero Lipera. Abbiamo unito le forze ma soprattutto le idee ed è nata Etna Bio Valley».

Otto vani e tre ettari di terreno in comodato d’uso gratuito, «donati da un signore che non li utilizzava e, di cuore, li ha ceduti per le nostre attività», racconta Rubulotta. «L’obiettivo è tornare alle origini, senza isolarsi dal resto del mondo ma riscoprendo l’essenzialità delle cose e la possibilità di creare, produrre da soli. Senza far circolare moneta né trasformarlo in un’attività commerciale. Tutt’altro. Cercheremo di burocratizzare la produzione quanto meno possibile», dice Rubulotta. «Ovviamente le singole attività potranno essere regolate da partita iva per la piccola vendita all’esterno. Purché la sede sociale non sia quella del casale». Insomma, un’economia che giri su servizi, mediazioni, consulenze, scambi e libere donazioni. «Un sogno che deve restare un sogno» secondo il giovane ideatore, che nasce da uno stile di vita insoddisfacente.

«Ci svegliamo la mattina per andare a lavoro per pagare le rate della macchina che abbiamo comprato per andare a lavoro. Quindi, che cos’è diventata la nostra vita? La scadenza del mese? Ma alla fine dello stipendio avanza sempre troppo mese. E soprattutto in questo momento di crisi economica e sociale in cui noi giovani non riusciamo più a progettare il nostro futuro, per cosa vale davvero la pena spendersi?» Su questo si sono interrogati i ragazzi di Etna Bio Valley che hanno deciso di provare a cambiare il sistema, partendo da un piccolo spazio che dia la possibilità di sperimentare un nuovo modus vivendi. «Oggi sembra che il vero problema sia il work invece è la life che ci manca», dice Rubulotta. Una vita fatta di aria, terra, sapori, odori, creatività, ingegno e progettualità.

Etna Bio Valley vuole essere tutto questo. Un punto di ritrovo, «casa di tutti quelli che hanno voglia di aderire ad una delle attività proposte o di realizzarne di nuove», spiega l’ideatore. «Per ciascuna iniziativa si è pensato ad un massimo di dieci partecipanti che, con un investimento minimo mensile, diventerebbero imprenditori della loro attività». Uno spazio a disposizione di tutti, quindi, purché si rispettino le regole del progetto: riciclo, creazione di energie alternative, turismo rurale e produzione genuina.

Un progetto ancora tutto in divenire ma che promette molto, chiedendo poco o nulla in denaro, ma tanto in passione e volontà. «Siamo ancora una start up ma lo immagino già come un posto sempre affollato, con tantissime tende da campeggio di giovani, anche stranieri, che vengono per proporci attività», dice Rubulotta.

Un piccolo mondo a parte che, come scrivono sulla loro pagina Facebook, citando Mauro Rostagno, nasce da un bisogno comune: «Non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto».

 

Federica Motta

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