Eterologa, il primo nato in Sicilia è catanese Il medico: «Senza contributo dalla Regione»

Si chiama Francesco e il nome non è scelto a caso. Sono cattolici i genitori, entrambi della provincia di Catania, del primo bambino nato in Sicilia grazie alla fecondazione eterologa. Vietata fino a poco più di un anno fa e adesso permessa grazie al ricorso che molte coppie hanno fatto alla Corte costituzionale. Tra le più battagliere c’è proprio quella del capoluogo etneo. «La maggior parte delle famiglie che si sono rivolte ai giudici costituzionali viene dalla Sicilia, non credo che sia un dato da sottovalutare», afferma Nino Guglielmino, il ginecologo a capo dell’equipe del centro Umr (unità di Medicina della riproduzione)-Hera di Catania che questa mattina ha permesso al piccolo Francesco di venire alla luce. Sanissimo. «I genitori sono una coppia giovane, appena 40enni. Quando c’era il divieto sono andati a tentare l’eterologa in Spagna. Uno dei tanti viaggi della speranza», continua Guglielmino.

Francesco in Italia è il terzo venuto al mondo per merito di una tecnica che la legge 40 ha impedito per undici anni. «La prossima settimana ne nascerà un altro e nei prossimi mesi altri 35. Abbiamo più di 300 pazienti. Settanta di loro hanno già cominciato o concluso il trattamento, ma la lista di attesa supera le 250 coppie». La maggior parte delle quali vengono dalla Sicilia, ma non soltanto. «Siamo specializzati in medicina della riproduzione e siamo all’avanguardia grazie a un costante lavoro di ricerca», prosegue il ginecologo. «Quello per cui i genitori di Francesco ci hanno ringraziato di più – dice – è stato il fatto che la possibilità di seguire terapie come questa a Catania ha permesso loro di condividere con i familiari un momento così speciale. Un supporto morale che l’assenza di strutture ad hoc non garantisce a tutti».

I risultati della fecondazione eterologa nell’Isola, secondo il medico, si possono definire «ottimi». E il prossimo passo è una banca di gameti. «Adesso ci dobbiamo rivolgere all’estero, ma stiamo raccogliendo donatori italiani per permettere la creazione della prima banca dei gameti siciliana. Potrebbe nascere a Sciacca dove c’è già una banca per il congelamento di cellule cordonali – afferma Nino Guglielmino – Mi risulta che quella struttura sia sottoutilizzata, nonostante si occupino di decine di migliaia di placente. Hanno le conoscenze e le competenze per il congelamento cellulare e gli spazi, non vedo ostacoli». Del resto, in altre Regioni la raccolta dei gameti è già iniziata. Il Toscana e in Friuli Venezia Giulia sono stati fatti dei bandi di ricerca. Uno studio che, spiega il medico, non ha niente a che vedere con la richiesta di un figlio biondo e con gli occhi azzurri. «Smettiamola con il terrorismo della scelta sul catalogo: la selezione dei gameti viene fatta sulla base del gruppo sanguigno e di alcuni criteri di buonsenso per la salute del piccolo».

La Sicilia, invece, è ancora ferma. E il costo del trattamento è a carico dei genitori. «Circa quattromila euro. Sono tantissimi, anche se meno dei diecimila euro che servono per andare a fare la cura all’estero». In alcune Regioni, alla fecondazione eterologa si accede tramite pagamento del semplice ticket. Nell’Isola, invece, a questo punto non si è ancora arrivati: «Non si capisce cosa stiamo aspettando. Ci sono stati ben cinque decreti, da aprile 2013 a oggi, ma ancora niente si è concretizzato. Eppure ci sono tre milioni e 800mila euro da parte per questo scopo. Si erano perfino stabilite le soglie di rimborso regionale alle strutture: tra i tremila e i quattromila euro per le fecondazioni omologhe ed eterologhe. Eppure niente da fare».

A questo si aggiunge un controsenso: «Se una coppia siciliana va a fare l’eterologa, per esempio, in Lombardia, la Regione Sicilia deve rimborsare ai lombardi fino a seimila euro. Qual è l’utilità di questa cosa?». Una soluzione sarebbe che la pma (procreazione medicalmente assistita) venisse inserita nell’elenco nazionale dei Lea, cioè i livelli essenziali di assistenza. «Un’altra svolta sarebbe la collaborazione tra i centri specializzati in medicina della riproduzione, i consultori e gli ambulatori di medicina generale. Per due ragioni: la corretta e completa informazione del paziente sulle possibilità che ha e la semplificazione dell’accesso ad alcune cure, che potrebbero essere prescritte direttamente dai medici di base».

Luisa Santangelo

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