Un fascicolo d’indagine almeno per il momento senza nomi e cognomi ma che mira a fare luce su eventuali responsabilità collegate all’esplosione freatomagmatica avvenuta sull’Etna il 16 marzo scorso. Un evento avvenuto a quota 2750 metri, che ha portato al ferimento in maniera non grave di 10 persone, sul quale adesso dal palazzo di giustizia etneo vogliono vederci chiaro. L’inchiesta è nelle mani del procuratore capo Carmelo Zuccarro, con il magistrato che avrebbe messo sotto la lente d’ingrandimento due punti: la tempistica dell’ordinanza che limita l’accesso al vulcano e la condotta delle guide dell’Etna nel garantire la sicurezza di giornalisti e turisti che accompagnavano lungo l’area sommitale della montagna.
Quel giorno a trovarsi in prossimità del fronte lavico, alimentato dalla frattura originatasi sul fianco meridionale del cratere di Sud-Est, sarebbero state in tutto circa 35 persone tra cui una troupe della Bbc inglese. La zona in questione, quella della Cisternazze, rientrava nella cosiddetta area gialla, cioè il colore utilizzato dalla Protezione civile regionale per stabilire il livello d’allerta del vulcano (il più basso è verde mentre quello più alto è rosso). Per regolamentare l’accesso in quota il Comune di Nicolosi aveva emanato un’ordinanza che consentiva l’accesso libero fino a 2650 metri, con le escursioni comunque possibili fino a 2800 metri ma soltanto se accompagnate dalle guide vulcanologiche. Dopo l’esplosione, che ha fatto il giro del mondo grazie a un video della Bbc, il Comune pedemontano emette un nuovo documento con direttive diverse: accesso libero fino a 2500 metri, accompagnati dagli autorizzati fino a 2600.
Grazie a un protocollo d’intesa, firmato a dicembre 2016, le ordinanze che regolamentano l’accesso in quota sul versante Sud-Est adesso vengono emesse direttamente dai Comuni e non più dalla prefettura di Catania. Le modalità che però consentono di valutare i rischi sono sempre le stesse e si basano sui bollettini dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e quelli della protezione civile regionale. «A essere coinvolti in questa procedure sono sei enti che rientrano nel territorio di Etna sud – spiega a MeridioNews il sindaco di Nicolosi Nino Borzì – con la competenza che spetta al sindaco in quanto responsabile della protezione civile comunale».
Secondo quanto riportato da La Stampa prima dell’esplosione più grossa ci sarebbero stati due eventi di minore identità, con escursionisti e accompagnatori che sarebbero rimasti comunque vicini al fronte lavico. «Io ricordo solo una colonna di vapore bianco e dieci secondi dopo l’esplosione con tre boati in rapida sequenza – racconta un testimone a MeridioNews -. Ho provato a proteggermi la testa con lo zaino ma le pietre arrivavano non solo dall’alto verso il basso ma anche in orizzontale. Alla fine ho rimediato diversi punti di sutura ma posso dire che siamo stati dei miracolati».
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