di Fara Pipia
La crisi economica e le misure di rigore imposte dall’Europa, insieme ai fenomeni di grave corruttela politica e di cattiva amministrazione degli enti locali, hanno imposto un massiccio intervento di razionalizzazione della spesa pubblica finalizzato alla sua concreta riduzione e soprattutto ad un rigoroso controllo della sua gestione.
La forte spinta autonomista e federalista degli ultimi anni ha così subito forti contraccolpi, generati anche dall’onda emotiva suscitata dagli scandali che, soprattutto a livello regionale, hanno scosso la politica e le amministrazioni locali.
Sono queste le premesse che hanno giustificato una serie di interventi legislativi volti ad un rigoroso controllo dell’attività amministrativa e delle finanze di Regioni, Province e Comuni.
Il d.lgs 149 del 2011 e il d.l. 174 del 2012, si inquadrano nell’ambito di questi interventi portati avanti dal Governo Monti, che prevedono una serie di obblighi informativi a carico delle Regioni ed enti locali e sanzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, attraverso un rafforzamento dei poteri di controllo da parte della Corte dei Conti e degli organi ispettivi del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Più nel dettaglio, è stato introdotto l’obbligo per le Regioni di redigere e pubblicare una relazione di fine legislatura, che dia conto dettagliatamente delle principali attività normative e amministrative compiute, da trasmettere anche alla Corte dei Conti.
Specularmente è stata introdotta la relazione di fine mandato per le Province e per i Comuni.
E’ stata disciplinata l’ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione del Presidente della Giunta come conseguenza del dissesto finanziario, estendendone gli effetti ai funzionari regionali e ai componenti del Collegio dei Revisori dei Conti.
E’ stato introdotto un potere di verifica da parte dello Stato sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile di Regioni ed enti, preliminare al controllo della Corte dei Conti, sono state disciplinate le sanzioni applicabili a regioni ed enti locali in caso di inosservanza del patto di stabilità interno.
Regioni ed Enti Locali, naturalmente, non hanno reagito bene all’inasprimento dei controlli e delle sanzioni e hanno impugnato alcune disposizioni lesive, dal loro punto di vista, della loro potestà legislativa e dell’autonomia previsti negli Statuti Regionali e nella Costituzione.
Ne è derivato un complesso giudizio davanti alla Corte Costituzionale che ha visto molte Regioni italiane, sia a Statuto speciale, che a Atatuto ordinario, contrapporsi ai poteri dello Stato Centrale.
Alla fine la Corte Costituzionale, con la sentenza n.219/13, depositata qualche giorno fa, ha accolto buona parte delle censure mosse alla normativa in oggetto.
Le disposizioni dichiarate incostituzionali che interessano più da vicino la vita dei Comuni sono quelle relative al c.d.patto di stabilità e al cd. Dissesto guidato.
Il c.d. Patto di Stabilità nasce dall’esigenza di garantire il controllo della spesa pubblica, controllo cui l’Italia si è impegnata in sede europea sin dal 1999.
Una complessa normativa impone agli enti locali il rispetto di determinati saldi finanziari, al fine di ridurre il disavanzo e l’indebitamento, e, di fatto, ha comportato una vera e propria strozzatura delle finanze comunali, impossibilitate a spendere oltre certe somme, pur avendo, in certi casi, per la verità rari, la liquidità necessaria, sotto pena di pesanti sanzioni.
L’art. 7 del D.lgs. 149/11 ha ridefinito tali sanzioni che, in estrema sintesi, prevedono una riduzione dei contributi statali, il blocco dell’indebitamento, ovvero della possibilità di richiedere mutui, l’impossibilità di assumere personale, la riduzione dei gettoni di presenza e delle indennità per i consiglieri comunali e gli amministratori, una riduzione della spesa corrente.
Ebbene, la Corte Costituzionale ha dichiarato tali sanzioni inapplicabili alle Regioni a Statuto Speciale e ai relativi enti territoriali. Ciò significa che anche in Sicilia e in tutti i suoi Comuni il mancato rispetto del patto di stabilità non comporterà, almeno per il momento, alcuna conseguenza.
Le ragioni di tale illegittimità risiede nel fatto che le norme sulle sanzioni e sulle premialità agli enti locali fanno parte della materia del cd. federalismo fiscale che si applicano direttamente alle Regioni a Statuto Ordinario, ma non a quelle a Statuto Speciale, che devono essere espressamente recepite dalle singole Regioni secondo le norme dei loro Statuti e, in particolare, in virtù del principio di leale collaborazione Stato-Regioni, solo a seguito di accordi tra le Regioni e lo Stato centrale.
La dichiarazione di incostituzionalità avrà effetti diretti anche per il Comune di Bagheria che, avendo sforato nel 2011 il patto di stabilità, ha ricevuto una sanzione di circa un milione e settecentomila euro. Il provvedimento è stato impugnato davanti al giudice amministrativo e si è in attesa della sentenza di merito. Tuttavia la sanzione è attualmente efficace poiché non è stata sospesa dal giudice ma, a questo punto, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità, dovrebbe essere revocata direttamente dallo Stato. Se così non sarà, occorrerà attendere la conclusione del giudizio.
Nulla da fare per i Comuni che non hanno proposto ricorso, poiché le pronunce di incostituzionalità, pur avendo effetto retroattivo, non incidono sulle situazioni giuridiche già definite e consolidate, come succede in caso di mancata impugnazione entro i termini.
L’altro aspetto importante riguarda il potere ispettivo e di verifica attribuito al Governo sulla gestione amministrativo-contabile delle Regioni ed enti locali, preliminare rispetto al controllo della Corte dei Conti, e la possibilità, per quest’ultima, di attivare la procedura del cd. dissesto guidato, degli enti locali, prevista proprio dall’art. 6 del D.lgs 149/11, con la segnalazione al Prefetto e l’intervento sostitutivo dello stesso.
La non applicabilità di tale procedura agli enti locali a Statuto speciale non esclude però l’applicabilità, anche in Sicilia, della normativa prevista dal Testo Unico degli Enti Locali in materia di dissesto (artt. 244 e ss.) e le conseguenze in caso di omissione della dichiarazione di dissesto, con i poteri sostitutivi da parte degli organi di controllo regionali che, ove vi siano i presupposti, in caso di omissione di dichiarazione da parte del Consiglio Comunale, provvede con un Commissario ad acta , sciogliendo gli organi dell’ente.
Così come, in linea generale, restano in vigore tutte le norme in materia di controllo della Corte dei Conti anche nei confronti delle Regioni a Statuto speciale, trattandosi di poteri costituzionalmente previsti a garanzia del buon funzionamento della finanza pubblica, nonché il più generale dovere di rispetto dei parametri finanziari derivanti dal patto di stabilità, i quali però, per le Regioni a Statuto Speciale, non possono essere imposti autoritativamente dallo Stato ma devono essere in qualche modo condivisi dalle Regioni.
Insomma, il pendolo continua a muoversi alternativamente battendo ora un colpo a favore dell’autonomia ora a favore del potere centralistico, ed è lontano dal trovare ancora un suo equilibrio.
La conquista dell’autonomia da parte degli enti locali non ha prodotto processi virtuosi e non sempre è stata accompagnata da risultati di buona gestione e di efficienza. In molti casi (in Sicilia ne sappiamo qualcosa) non ha portato alcun miglioramento nella vita dei cittadini, né nelle condizioni economiche e finanziarie dell’ente o effetti benefici per l’economia, anzi è stata occasione di abusi se non di malaffare.
La concessione di forti poteri autonomistici probabilmente è stata prematura in quanto non accompagnata da una adeguata maturità della classe dirigente e delle classe politica, ma il discorso è certamente complesso e merita ben altro approfondimento.
Per il momento non ci resta che registrare questa momentanea vittoria delle autonomie, aspettando di vedere da quale parte in futuro batterà ancora il pendolo.
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