Nonostante le promesse e il “rientro al lavoro” degli operatori Amia, l’emergenza rifiuti a Palermo continua. Le notti sono rischiarate dal fuoco dei cassonetti, i cani rovistano nei rifiuti, i turisti inorriditi scattano foto del mal ricordo e promettono di non tornare mai più. I residenti, obbligati a restare e subire, gettano sguardi impotenti e sconsolati sui cumuli di immondizia che ricoprono i marciapiedi e lanciano improperi all’indirizzo dei responsabili.
Mentre il Tribunale di Palermo afferma che l’Amia non può fallire perché è una società strumentale del Comune e a cliente quasi unico: l’Amministrazione comunale, il Ministro dellEconomia, Corrado Passera, non rimuove i tre strapagati commissari e il Prefetto non interviene, il Sindaco della città, Leoluca Orlando, invoca la requisizione in uso dell’azienda come fatto risolutivo.
Così come si requisiscono case per gli sfollati e mezzi, anche privati, per il trasporto d’emergenza in caso di calamità naturali, la requisizione in uso dell’Amia è un rimedio, al momento unico, utilizzabile.
Ai sensi dell’art. 32 della legge n. 833/1978 e dell’art. 117 del D.Lgs. n. 112/1998, il Sindaco è autorità sanitaria locale e può emanare ordinanze contingibili ed urgenti, con efficacia estesa al territorio comunale, in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica.
Inoltre il Sindaco – è già capitato a Napoli per l’emergenza abitativa – può nell’inerzia dell’azione del Prefetto, disporre la requisizione in uso dell’Amia con un atto che resiste anche all’eventuale impugnativa del danneggiato dalla requisizione (in questo caso il Comune stesso, visto che ne è il proprietario) così come ha stabilito la Cassazione Civile, 7.3.97, n. 2092.
Se il Sindaco ha individuato questo rimedio per uscire dall’emergenza, lo adotti senza attendere oltre. I mezzi giuridici ci sono, adesso occorre applicarli e poi attendere le reazioni. E anche se saranno robuste e potenti, crediamo che questo sia il campo che Orlando predilige per esprimersi al meglio.
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