Emergenza abitativa, due storie per riflettere «C’è ancora scarsa fiducia nei servizi sociali»

Più che di emergenza abitativa a Palermo bisognerebbe parlare di questione abitativa. I caratteri di eccezionalità e di imprevedibilità tipici di un’emergenza non riassumono la complessità delle duemila famiglie senza casa che vivono nel capoluogo siciliano. E a volte, più che tante analisi, sono le singole storie a saper inquadrare il fenomeno. Attraverso il contributo dell’assessore alla Cittadinanza solidale Giuseppe Mattina, abbiamo scelto di raccontare due prese in carico di famiglie indigenti da parte del Comune. Una storia positiva e una negativa, per provare a restituire proprio la complessità della povertà in città.

Francesca vive a Cruillas (sia il nome che il quartiere sono di fantasia, ndr). La sua famiglia è composta da cinque persone, la donna è madre di tre bambini che hanno malattie cardiache. Vivono da tempo in condizioni di indigenza, tanto da aver occupato un immobile e con un allaccio abusivo di luce e acqua. Il Comune è riuscito ad attivare uno di quei processi personalizzati su cui punta da tempo la giunta Orlando. In questo caso si è avviato un processo di regolarizzazione dell’occupazione abusiva, per cui la famiglia sta pagando tutti gli affitti arretrati da quando ha occupato la casa (anche la mensilità corrente) attraverso una dilazione in dieci anni che gli consente quote da neanche 100 euro al mese.

Ciò gli ha permesso di pagare puntualmente ogni rata, senza mai sgarrare. Inoltre la famiglia di Francesca ha ottenuto dagli uffici dell’Anagrafe la residenza e ha potuto stipulare un regolare contratto della luce e dell’acqua. Un percorso durato 14 mesi, con il nucleo familiare che si è rivolto in maniera insistente direttamente all’assessore. E che denota una «scarsa fiducia nei servizi sociali». Ne è consapevole lo stesso Mattina, che però preferisce concentrarsi sugli aspetti positivi di questa storia.

«Il progetto personalizzato è servito ad attivare cure mediche specifiche per i bambini – racconta  -, che in questo modo hanno potuto effettuare gli esami genetici, che finora non avevano mai potuto fare. I bambini adesso vanno a scuola, e vivono in una casa dignitosa alla quale abbiamo contribuito acquistando alcuni mobili. Inoltre la famiglia di Francesca usufruisce del reddito di cittadinanza e si spera che con l’avvio a breve dei navigator i genitori possano essere avviati breve al lavoro. Attendono di essere convocati per il colloquio».

Ma non sempre tutto si risolve per il meglio. Ad esempio già allo Zen la situazione è più complessa, perché in quel caso la competenza rispetto alle case occupate dagli indigenti è formalmente dell’Istituto Autonomo Case Popolari, e allo stesso tempo si tratta di questioni sociali che devono essere affrontate necessariamente dal Comune. Incroci e complicazioni che tornano anche nel caso della famiglia di Mara, che abita da anni al Cep (anche in questo caso nome e quartiere sono di fantasia, ndr). 

Si tratta di un nucleo composto da due genitori e quattro minori, che vivono in un tugurio abusivo e non sanabile. Dove quindi il percorso personalizzato e la presa in carico del Comune diventa più difficile. «Affinché il Comune possa intervenire la regolarizzazione deve essere il primo passo – spiega Mattina -, ma in questo caso non è possibile perché l’abitazione andrebbe per legge abbattuta». Col risultato che la famiglia di Mara, che viene da una lunga storia di occupazioni nomadi e di sfratti esecutivi, nutre una profonda rabbia nei confronti dei servizi sociali e si sente abbandonata dalle istituzioni. Di conseguenza non riesce neanche ad affittare uno spazio, perché nessuno glielo concede visti i precedenti, mentre il Comune da una parte continua ad affermare di non avere a disposizioni immobili da destinare all’emergenza abitativa e dall’altra i tanti beni confiscati della città restano destinati esclusivamente alle associazioni.

Per questo motivo da tempo i comitati per la lotta per la casa chiedono da tempo un’interlocuzione proprio con Mattina, il quale dal canto suo ribadisce che tra le 14 deleghe che gli ha destinato il sindaco Orlando non c’è quella relativa alla gestione dei beni confiscati, che rimane in carico all’assessore al Patrimonio Roberto D’Agostino. «Dentro il mondo dei senza casa c’è di tutto, non è una categoria che si può semplificare – osserva Mattina – Con la famiglia di Mara, ad esempio, stiamo facendo un’enorme fatica perché trovare per loro un immobile è complicato. E in questo modo non possiamo attivare la presa in carico. Se invece avessimo attivo il Fondo di garanzia, previsto dal regolamento sull’inclusione sociale che attende di essere approvato dal Consiglio comunale, sarebbe più facile trovare per loro una casa».

Andrea Turco

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