Eliana e Tindaro, una storia d’amore e di socialismo A Milazzo lui in difesa dei contadini, lei gelsominaia

Ieri, 6 ottobre, Eliana ha compiuto 90 anni. Lei, toscana, gli ultimi 70 li ha trascorsi a Milazzo. Dove è arrivata per amore, seguendo il compagno di tutta la sua vita, l’avvocato Tindaro La Rosa. Entrambi comunisti, si erano conosciuti nel 1945 alla scuola di partito. E da allora non si sono più lasciati. Lui sindacalista in prima linea nel difendere i contadini di quelle terre che prima di essere invase dal petrolchimico, avevano una forte vocazione agricola. Lei gelsominaia, tra le donne che fino agli anni ’70 raccoglievano il delicato fiore per ricavarne profumi. 

«Lui – racconta Riccardo Orioles, storico giornalista originario proprio di Milazzo, al fianco di Pippo Fava ne I Siciliani – giovane avvocato, lascia tutto per andare a vivere con i contadini, come dirigente del Pci. Tindaro organizza i braccianti, lei le gelsominaie, le ragazze che di notte raccolgono nelle campagne umide i gelsomini. Così hanno vissuto per quarant’anni, poveri, generosi, compagni». Una vecchia foto li ritrae nella loro giovinezza. «Lei sorridente e luminosa – continua Orioles – lui giovane siciliano con i baffi. Lei lo accarezza teneramente, da compagna. Davanti, il mare e la penisola di Milazzo. Io auguro a ciascuno di voi di vivere come loro, uniti, utili al prossimo e felici».

L’avvocato Tindaro La Rosa è morto nel 1993 e tutto il paese di Milazzo volle salutarlo al suo funerale. Quel giorno lo stesso Orioles lo ricordava così, in un articolo pubblicato su I Siciliani

Il mio paese, Milazzo, ha venticinquemila abitanti e un sindaco di sinistra. Il sindaco l’hanno fatto la Rete, il Pds, la parrocchia del Sacro Cuore, i compagni di Rifondazione comunista, quelli della Lega Ambiente, e associazioni e congreghe e movimenti vari. I voti sono arrivati principalmente dalle frazioni “rosse” della città, i villaggi dove un tempo il vecchio partito comunista organizzava i contadini.

Il sindaco nuovo è un professorino cattolico con la faccia perbene; fra i caporioni ci sono Dario Russo, che vent’anni fa era un ragazzo di Lotta Continua e ora ha fondato la Rete, Franco Otera che allora era pure nella lottacontinua e adesso ha combattuto la mafia come segretario della camera del lavoro, Cesare Lispi della Raffineria, che allora era del Pci e adesso di Rifondazione, e altri ancora che non conosco perché da troppo tempo manco dal paese ma che sicuramente sono dei bravi compagni – o dei bravi cristiani, a scelta loro – come questi che ho appena nominato. Sono convinto che adesso, fra tutti quanti, rimetteranno in sesto il mio paese, che è molto bello e al quale voglio molto bene.

Il giorno prima delle elezioni, a Milazzo, è morto Tindaro La Rosa, che era il capo dei comunisti del mio paese negli anni Sessanta e Settanta, un milione d’anni fa. A quel tempo i braccianti erano tanto poveri, a Milazzo, che alcuni di loro nelle frazioni della Piana dormivano ancora su graticci di canne. Tindaro era quello che li organizzava, gli faceva il sindacato e il partito e gl’insegnava a lottare

Eliana, sua moglie, girava in bicicletta per la Piana a organizzare le gelsominaie, le donne che raccolgono i gelsomini di notte ed è un lavoro durissimo perché ci vuole una cesta di fiori per fare una goccia di profumo. Io me li ricordo bene, queste gelsominaie e questi braccianti, con la loro bandiera rossa nella piazza del paese, col loro silenzio duro e la loro immensa dignità. Tindaro ed Eliana vivevano in una casa poverissima ed estremamente pulita, sulla spiaggia dell’Acquaviola. Avevano due bambini la cui intelligenza e buona educazione – come si diceva allora – venivano portati ad esempio anche dai genitori più reazionari del paese. 

A casa di Tindaro, quando hanno aperto la cassaforte dove teneva i suoi risparmi e le sue carte – aveva fatto il funzionario di partito per quarant’anni – non hanno trovato una lira, ma circa quarantacinque pezzi di carta che erano tutte le tessere del Partito Comunista Italiano dal 1943 in qua. Hanno portato Tindaro in chiesa con la bandiera della vecchia sezione, falcemartello e stella, sulla bara, e al prete non è passato neanche per l’anticamera del cervello di obiettare qualcosa. Davanti al cimitero, in cima alla salita in faccia al mare, la folla dei cittadini s’è fermata: un vecchio compagno ha fatto la commemorazione parlando piano e poi la banda del paese ha cominciato a suonare Bandiera Rossa.

Salvo Catalano

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