Un disegno di legge per uscire dal far-west elettorale e garantire trasparenza e tracciabilità del denaro investito nelle campagne elettorali. Una norma che a livello nazionale esiste già, ma che è valida a livello territoriale soltanto nelle Regioni a statuto ordinario, mentre per quelle a statuto straordinario veniva rimandato a un apposito intervento normativo. Che in Sicilia, unica regione d’Italia, non era ancora stato predisposto.
È questa una delle ragioni per cui il presidente della commissione regionale antimafia Claudio Fava ha depositato a inizio settimana il disegno di legge in Assemblea. L’altra ragione, messa nero su bianco dallo stesso Fava nella sua relazione introduttiva, è che «appare evidente, e i recenti fatti di cronaca lo confermano, la necessità di dotare la Regione di un utile strumento di verifica del sostegno economico ricevuto anche per garantire la piena e completa trasparenza». Insomma, le numerose indagini che si sono susseguite nelle ultime settimane impongono un’accelerazione all’adempimento normativo. Così come lo impone il lungo lavoro che la commissione ha portato avanti sul sistema Montante, che ha fatto emergere connessioni tra potere economico e potere politico a tutti i livelli.
La misura legislativa mira a prevedere un controllo sulla rendicontazione e la verifica degli eventuali contributi economici ricevuti dai candidati o dalle liste in occasione delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana e l’elezione diretta del presidente della Regione. Sarà posta particolare attenzione, nello specifico, alla figura del mandatario, ai limiti e alla pubblicità delle spese elettorali nonché la tipologia delle stesse, al controllo delle spese elettorali di partiti, movimenti e liste, ai compiti del collegio regionale di garanzia elettorale, e alle eventuali sanzioni.
Il vuoto normativo che esiste in questo momento in Sicilia comporta, secondo Fava, «una mancanza di controlli sui rapporti economici nelle procedure elettorali e rappresenta una costante ombra sulla trasparenza della politica regionale». Insomma, un «far-west incontrollato sui finanziamenti elettorali». A cui adesso l’Assemblea può scegliere di mettere un freno.
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