I DUE PARLAMENTARI GOVERNATIVI, INVECE DI FARE ‘MELODRAMMA POLITICO’, DOVREBBERO SPIEGARE, POSSIBILMENTE IN PUNTA DI DIRITTO, COSA AVREBBE DOVUTO FARE L’ONOREVOLE ARDIZZONE PER DIFENDERE UN’AUTONOMIA GIA’ ABBONDANTEMENTE MASSACRATA DA RENZI E CROCETTA
Non sempre la politica siciliana è comprensibile. Soprattutto quando si spiega come un libro chiuso. Stasera, per esempio, a Sala d’Ercole, non abbiamo capito il perché due parlamentari – Pippo Gianni e Vincenzo Vinciullo – se la sono presi con il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, a proposito della tornata elettorale in nove sezioni della provincia di Siracusa disposta dal Consiglio di Giustizia amministrativa (Cga).
I fatti sono noti. Parliamo delle elezioni regionali del 2012. A Siracusa lo spoglio fu molto contestato. Con tanto di ricorsi. Poi – dicono sia stata la pioggia – ha reso difficile, se non impossibile, rileggere le schede. Così il Cga ha disposto che il 5 ottobre dovranno essere ricelebrate le elezioni in nove sezioni di Pachino e Rosolini.
Questa decisione non è il massimo. Di fatto, Sala d’Ercole è stata trattata come un Consiglio comunale. Anzi, peggio. Ricordiamo che al Comune di Palermo lo spoglio è stato incredibile. Ma la magistratura non è intervenuta (e infatti Palermo può vantare un grande Consiglio comunale: forse il più ‘tassaiuolo’ della storia politica del capoluogo dell’Isola, degni eredi di Carlo d’Angiò…).
E’ intervenuta, invece – con un già citato pronunciamento irrituale del Cga – in nove sezioni della provincia di Siracusa.
Il fatto, lo ribadiamo, non fa onore all’Ars. Ma, di grazia, il presidente Ardizzone che avrebbe dovuto fare? Per quello che abbiamo capito, un ricorso è stato già inoltrato.
Allora, che altro avrebbe dovuto fare? Sollevare un caso politico per difendere l’Autonomia siciliana ‘ferita’ dal Cga?
Noi non difendiamo il presidente Ardizzone, che sa difendersi da solo. Ma ci piacerebbe capire.
A noi hanno insegnato che queste battaglie si conducono leggi alla mano, non facendo melodramma. Forse Gianni e Vinciullo, invece di gettarla in politica, facendo molta ‘scena’, dovrebbero, legge alla mano, spiegare cosa, in Diritto, avrebbe dovuto fare il presidente dell’Ars.
Detto questo, Gianni e Vinciullo, che adesso si ricordano dell’Autonomia siciliana ‘ferita’, sono due dei tanti parlamentari dell’Ars che non hanno aperto bocca quando il presidente Rosario Crocetta è tornato in Sicilia dopo un ‘fruttuoso’ viaggio a Roma, portando nel suo ‘carniere’ la rinuncia a contenziosi con lo Stato pari a 5,4 miliardi di euro.
Onorevole Gianni e onorevole Vinciullo: è in quell’occasione che si sarebbe dovuta levare alta la vostra voce in difesa dell’Autonomia. Invece siete rimasti zitti, anche perché, ambedue, vi piaccia o no, fate parte non della maggioranza – che non c’è – ma dell’armata Brancaleone che a Sala d’Ercole difende un Governo regionale che sta dimostrano di essere ben peggiore di quello di Raffaele Lombardo.
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