L’unica certezza è che i colpi di scena continueranno a susseguirsi uno dopo l’altro. Anche perché la tempesta giudiziaria che ha travolto l’università di Catania sembra ancora lontana dal dirimersi. Dopo l’elezione in piena estate di Francesco Priolo a nuovo rettore – ha preso il posto di Francesco Basile che ha lasciato il ruolo di Magnifico dopo le pesanti accuse della procura – l’attesa era tutta per l’appuntamento davanti ai giudici della quarta sezione del tribunale amministrativo di Catania. Chiamati a esprimersi nel merito, dopo avere rigettato la richiesta di sospensione cautelare del voto, riguardo al ricorso presentato dai ricercatori Lucio Maggio e Attilio Toscano.
Oggetto del contendere è sia la scelta di Vincenzo De Cataldo come decano – professore più anziano che ha fatto le veci di rettore e pro rettore, in quanto pure quest’ultimo finito indagato – che il suo operato. Caratterizzato, secondo i ricorrenti, da alcune presunte irregolarità. Su tutte la convocazione del senato accademico per indire le elezioni del rettore in piena estate. Illegittima, secondo i due ricercatori, sarebbe stata anche la composizione dell’organo collegiale d’ateneo, dove quattro vice direttori hanno preso il posto di altrettanti direttori di dipartimento finiti sott’inchiesta.
Durante l’udienza camerale non sono mancati i colpi di scena. A partire dal difetto di stare in giudizio sollevato nei confronti dell’avvocato Vincenzo Reina, difensore dell’università. A mancare, per i legali Dario Riccioli e Pietro Sciortino, è il mandato del consiglio d’amministrazione di Unict che consentirebbe a Reina di rappresentare l’ateneo davanti il tribunale. I giudici, dopo diversi momenti di tensione in aula, hanno concesso 20 giorni di tempo a Reina per sanare la situazione.
Sul tavolo del tribunale amministrativo con ogni probabilità finiranno anche le nuovi ragioni a sostegno del ricorso principale. Il riferimento riguarda la richiesta, presentata il 27 agosto alla Commissione elettorale d’ateneo da Toscano e Maggio, per ottenere l’annullamento degli atti e delle operazioni di voto che hanno portato all’elezione di Priolo a rettore. Secondo i ricorrenti durante il primo scrutinio – 23 agosto – si sarebbe appreso, dal verbale e dalla diretta video, della presenza di cinque schede in più rispetto al numero dei votanti. Discorso simile durante il secondo turno – 26 agosto – con la presenza di una scheda in più conteggiata in favore di Priolo, che poi ha vinto distaccando il secondo candidato di oltre 800 voti. Errori materiali o ipotesi fraudolenta?
Per la commissione elettorale, presieduta dal decano Di Cataldo, non ci sarebbero dubbi e, tanto meno, gli estremi per procedere all’annullamento del voto. Con un verbale dell’11 settembre, il ricorso dei due ricercatori è stato rigettato e dichiarato inammissibile «per carenza di legittimazione attiva, interesse e perché nel merito infondato».
Tornando all’udienza di ieri, a prendere la parola sono stati anche gli avvocati Emiliano Luca ed Emilio Castorina, in rappresentanza di 150 professori, tra area tecnica e giuridica. Tutti uniti nel sostenere la tesi opposta rispetto a quella dei due ricorrenti. «Abbiamo spiegato che si tratta di un ricorso autolesivo perché si chiede che l’università resti senza rettore», spiega a MeridioNews l’avvocato Luca. Secondo la tesi del difensore, il ricorso sarebbe «inammissibile per carenza d’interesse. I ricorrenti qualificano il loro interesse in relazione alla condizione di elettori, non prospettano tuttavia alcuna lesione effettiva, concreta ed attuale della relativa sfera giuridica, né indicano l’utilità che deriverebbe loro dall’annullamento delle elezioni». L’attesa adesso è tutta per la prossima puntata.
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