Assolti perché il fatto non sussiste. Questo il pronunciamento della corte d’appello di Catania dopo la sentenza di primo grado che vedeva imputati il direttore del Quotidiano di Sicilia Carlo Alberto Tregua in concorso con Filippo Anastasi e Sebastiano Urzì, rispettivamente vicepresidente e consulente della casa editrice del quotidiano. I fatti risalgono a sette anni fa con la visita della guardia di finanza negli uffici della società editrice per una verifica sulla correttezza dei contributi diretti all’editoria. Dopo la sentenza di primo grado del 2020, gli imputati si sono appellati. Oggi sono stati assolti, assistiti dal collegio di Difesa composto dall’avvocato Carmelo Calì, dal professore Fabrizio Siracusano , dall’avvocato Antonio Bellia e dall’avvocata Cristina Calì. Questi hanno evidenziato l’assoluta carenza probatoria del fatto contestato e ha concluso con la richiesta di riforma della sentenza di condanna pronunciata in promo grado, richiedendo alla Corte una pronuncia assolutoria.
Il fondatore e direttore, Carlo Alberto Tregua, si è detto «soddisfatto per la giusta conclusione di questo processo, ma anche molto amareggiato perché durante sette anni e tre mesi della sua vita ho dovuto subire azioni poco commendabili da parte di chi aveva interesse a danneggiare il Quotidiano di Sicilia. Questo processo – ha aggiunto Tregua – conferma ancora una volta che i cittadini onesti possono continuare a confidare nell’operato dei magistrati attenti e scrupolosi nello studio degli atti processuali, al fine di ottenere una sentenza che acclari le ragioni della loro innocenza. L’assoluzione – conclude Tregua – contestuale del vice presidente della società editrice del Quotidiano di Sicilia, Filippo Anastasi, e del consulente Sebastiano Urzì hanno completato il quadro, che ripristina la verità dei fatti».
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