Mercoledì scorso è venuto a mancare l’artista Nino Mustica, sessantottenne originario di Adrano. È lui l’inventore di una innovativa forma d’arte, la pittura solida. Mustica ha dedicato tutta la sua ricerca artistica a coniugare la pittura astratta con la scultura. Milano era la città in cui aveva scelto di vivere: con lo sguardo proiettato all’Europa, ma le sue radici erano fortemente radicate in Sicilia.
La sua arte stava nel mezzo sospesa tra pittura astratta, il colore, e il solido disegno scultoreo, la forma. E forme di colore era il nome che lo stesso Mustica dava alle proprie composizioni, apprezzate ed esposte nei musei d’arte contemporanea di tutto il mondo. Nato ad Adrano, è all’Istituto d’Arte di Catania che si forma e inizia la sua carriera, vincendo la cattedra di Disegno dal vero a soli ventun’anni.
Il disegno, la rigida linea dell’architettura è la sua prima passione, ereditata dal padre ingegnere e affinata poi nelle capitali del nord Europa: un apprendistato che Mustica avrebbe poi definito una «lezione grafica». È un’epoca di sperimentazione e fermento quella degli anni Settanta e, nei suoi viaggi, il giovane Mustica, ormai trasferitosi a Milano per insegnare all’Accademia di Brera, assorbe tutte le suggestioni dell’arte contemporanea.
Non dimentica però le proprie radici: del Sud porta con sé il colore, il calore e l’amore per la pittura e la musica, passioni materne. È questa la «lezione pittorica» che, unita alle suggestioni grafiche più astratte di città come Copenaghen e Londra, lo avrebbero fatto giungere a una svolta epocale nella sua produzione.
Uno sviluppo che Giuseppe Frazzetto, storico dell’arte e critico, docente presso il Disum e l’Accademia di Belle Arti di Catania, definisce come «un precisarsi del colore sulla superficie, in una rammemorazione concentrata sul rapporto fra figura e fondo». La dialettica tra Nord e Sud, tra grafica e pittura, si snoda secondo Frazzetto come una «alternativa fra energia magmatica e tramatura razionale, che già all’inizio degli anni tendeva a risolversi a favore d’una superficie intesa essenzialmente come campo dell’irruzione del tempo del colore».
Esito finale di questa ricerca sarebbe stata la pittura solida: una trasposizione tridimensionale, attraverso programmi di computer grafica e di modellazione 3D, di opere di pittura astratta in forme plastiche, persino di dimensioni architettoniche. «In questo modo – conclude Frazzetto – allo sguardo istantaneo di chi osserva la pittura astratta sulla superficie bidimensionale di un quadro, Mustica ha sostituito lo sguardo che avvolge con i suoi tempi la plasticità del farsi spazio d’una forma che fu dipinta».
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