e la Sicilia tra Muos, sbarchi e crisi finanziaria diventò un obiettivo militare

CON GLI SBARCHI CHE AUMENTANO E LA CRISI FINANZIARIA CHE AVANZA LA NOSTRA ISOLA E’ SEMPRE PIU’ DEBOLE E INDIFESA

di Economicus

La Sicilia si lascia alle spalle agosto e, soprattutto, si lascia alle spalle un’ultima settimana un po’ strana, fatta di tante notizie che, forse, più che ad una ad una, andrebbero lette nel loro insieme.

Dopo l’avvento del Governo Letta assistiamo a un aumento spaventoso degli sbarchi lungo le coste del nostro Paese. Complice il mese d’agosto? Forse. Ma come non mettere in relazione gli sbarchi di emigrati che ormai coinvolgono Sicilia, Calabria e Puglia con i tumulti che oggi caratterizzano il Mediterraneo e il Medio Oriente?

La verità è che non c’è una politica mediterranea e, in generale, una politica estera da parte dell’Unione Europea, tutta concentrata sulle banche, sulla Bce, sulla “Grecia che non sarebbe dovuta entrare nell’Eurozona” (le incredibili prole di Angela Merkel), su un sistema monetario folle che inchioda Grecia, Italia e Spagna a una recessione che, piano piano, si va trasformando in depressione economica.

Mentre l’Unione Europea è concentrata a proteggere alcuni Paesi (la Mitteleuropa) a danno di altri (i Paesi mediterranei, i già citati Grecia, Italia e Spagna), gli americani, dopo aver sconvolto i già delicati equilibri nel Mediterraneo, proseguono la ‘loro guerra’ con la Siria.

In questo scenario la Sicilia si ritrova a fronteggiare problemi giganteschi. L’arrivo di migranti che non dà tregua. La presenza di basi militari americane sul proprio suolo, da Sigonella a Trapani-Birgi, facendo finta di non sapere che, in caso di attacco americano alla Siria, la nostra Isola diventerà la base operativa della guerra.

Ma diventare base operativa di una guerra – in questo caso, per conto degli americani – significa, anche, diventare un obiettivo da colpire per i nemici degli americani. E poco importa se i nemici degli americani non sono nostri nemici: lo diventiamo di fatto. Tanto più con la presenza del Muos di Niscemi, i cui lavori sono ripresi, non a caso, in concomitanza con l’accentuarsi della crisi in Siria.

La verità è che cinque milioni circa di siciliani, più gli immigrati, fanno parte, senza saperlo e senza volerlo, di una strategia militare tesa a creare non nuovi equilibri, ma squilibri nel Mediterraneo e nel Medio Oriente.

Con Sigonella e i suoi droni, con Trapani Birgi, con il Muos di Niscemi la Sicilia è costretta a combattere una guerra avendo, in cambio, solo problemi.

Tutto ciò avviene – e neanche questo, a dir la verità, sembra casuale: anzi – in condizioni finanziarie e sociali drammatiche. L’Unione Europea vessa l’Italia. L’abolizione dell’Imu, come era prevedibile, si è trasformata in un aumento della pressione fiscale per altre categorie. In pratica, una guerra tra poveri.

Non sapendo dove trovare i soldi per sottostare alle assurde regole di un’Unione Europea di banche, di finanza e di massonerie, lo Stato italiano, invece di contestare l’euro, vessa le Regioni, si accinge ad abolire le Province e taglia fondi ai Comuni. Le Regioni e i Comuni, a propria volta, vessano i cittadini con licenziamenti, riduzione della spesa sociale, nuove tasse e nuovi balzelli.

Incredibile quello che sta succedendo a Palermo, dove l’amministrazione comunale annuncia che si pagherà Tarsu e Tares, facendo finta di non sapere che già le famiglie e le imprese sono stramate. Il tutto per un servizio – la raccolta dei rifiuti – che è il peggiore d’Italia.

In questa follia di un’Unione Europea che ormai si avvita su se stessa, affogata da una stretta monetaria che ha poco di economico e molto di speculativo (a una Germania riunificata, ormai i padrona dell’Europa, come nella seconda metà degli anni ’30 del secolo passato,l’idea che gl’italiani possano essere, contemporaneamente, abitanti di un Paese con un debito pubblico di oltre 2 mila miliardi di euro ed essere, in massa, proprietari di abitazioni non va proprio giù: da qui la stretta per togliere le abitazioni di proprietà agli stessi italiani), la Sicilia arriva nel peggiore delle condizioni possibili.

Emblematico quello che succede nella gestione dei beni culturali dell’Isola. Con il bilancio regionale di quest’anno, nel silenzio generale, i fondi per la gestione dei siti culturali dell’Isola hanno subito tagli che, in alcuni casi, hanno sfiorato l’80 per cento.

Eppure l’emergenza non è capire quello che è avvenuto in questi siti, che cosa sta succedendo nelle aree archeologiche della nostra Isola, se, per caso – sempre nelle aree archeologiche – è aumentato il fenomeno dei tombaroli, ovvero il sistematico trafugamento dello stesso patrimonio archeologico. Il dramma dei beni culturali siciliani, di fatto in buona parte abbandonati, è stato derubricato a mero fatto amministrativo. Vicenda da affrontare con la solita ‘rotazione’ di dirigenti, peraltro senza contratto, che non dirigono un bel nulla. Il solito fumo negli occhi.

Quello dei beni culturali, ovviamente, è solo una delle tante contraddizioni di una Regione allo sbando. Una Regione che annuncia la realizzazione di nuove raffinerie (quelle che ci sono già, fonte di grande inquinamento, non bastano…) e, contemporaneamente, sbandiera ‘Patti’ tra 250 Comuni all’insegna delle energie alternative. Operazioni meramente speculative, se è vero che molti di questi Comuni, ancora senza bilancio approvato a settembre per mancanza di soldi, stanno per chiudere i battenti.

Lo scenario è chiaro: a fronte di una crisi internazionale difficilissima e dagli esiti incerti (nessuno oggi è in grado di dire quanto e se durerà l’Eurozona delle banche e della finanza speculativa, o che evoluzione avrà la crisi siriana), la Sicilia è nelle mani di speculatori che stanno spogliando la Regione di quel poco che è rimasto, ben sapendo che non fra tre anni, ma fra tre mesi interi settori dell’amministrazione pubblica regionale saranno senza copertura finanziaria, dai precari ai forestali, dalla gestione dei beni culturali (che tra qualche mese ci diranno che dovrà essere privatizzata) ai Comuni (altro che ‘Patto’ tra i Sindaci per le energie alternative: 200 Comuni e forse più rischiano di scomparire!).

E’ iniziata la lunga notte della Regione siciliana e dell’Autonomia, ma facciamo finta non essercene accorti. Ma sì, facciamo finta di non sapere che, senza una drammatica crisi economica e sociale, la Sicilia e i siciliani non avrebbero mai accettato di diventare terra di Muos e obiettivo militare…

 

Giulio Ambrosetti

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