da Davide Faraone
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Il mio rispetto per la vita di partito è infinito. Ho iniziato la mia attività politica come segretario di sezione in un quartiere della periferia di Palermo. Ho vissuto tutti i passaggi e le trasformazioni, dal centralismo democratico, alle primarie e rispettato tutte le liturgie, anche quando mi apparivano vecchie e senza senso. Ho organizzato feste de l’Unità, ho spillato birra e preparato panini. Sempre iscritto e da rappresentante istituzionale, ho sempre versato i miei contributi.
Ho partecipato ai congressi e alle riunioni degli organismi dirigenti. Insomma, un militante modello. Se qualcuno tuttavia mi avesse spiegato che la “vita di partito” doveva essere, per me, come la vita del protagonista di “Truman Show” nell’isola di Seahaven, probabilmente avrei fatto altro.
“Chi sei tu? Sono il creatore di uno show televisivo che dà speranza, gioia ed esalta milioni di persone. E io chi sono? Tu sei la star. Non c’era niente di vero. Tu eri vero: per questo era così bello guardarti.”
Questo dialogo tra Truman e Christof, mi trasmette la stessa malinconia di quando sento pronunciare frasi del tipo: “Chiunque si candiderà a guidare questa fase, dovrà candidarsi a fare questo mestiere e nient’altro”. Oppure: ” Il PD non è un taxi per la presidenza del consiglio”. Sì, la stessa malinconia che mi ha trasmesso il pensiero di un bimbo infilato in un set televisivo a tre anni e fatto crescere lì, me la trasmettono coloro che pensano che il partito con il paese non c’entri un tubo.
“Non ti viene mai il prurito ai piedi, l’ansia di partire?” Dice Truman a Marlon.
Non gli viene mai quest’ansia a questi grigi burocrati di partito? Non riescono a comprendere che, un partito non in osmosi con la società, non ha alcun senso?
Provate a chiedere al bar, ad un cittadino a caso, cosa pensa del finanziamento pubblico ai partiti. Contrario.
Poi provate a chiederlo ad uno qualunque che si appresta a salire le scale di via Sant’Andrea delle Fratte. “Il PPartito”, si con due P, “non può fare a meno di questi soldi, senza, la democrazia è a rischio”.
Provate ad andare all’università e magari in una pausa tra una lezione e l’altra, chiedete, a un ragazzo a caso, se si sente rappresentato da questi sindacati. Forse basterebbe anche chiedere se li conosce, i sindacati. Risposta No.
Nel Partito, se parla Susanna Camusso, la risposta alle sue parole è: “Ha ragione a prescindere”. Tra i giovani universitari che, speriamo, ben presto entreranno nel mondo del lavoro, la risposta più plausibile potrebbe essere:; Camusso chi?.
Potrei continuare ad oltranza, ma è fin troppo facile dimostrare, che il Pd, a dire il vero, la politica in generale, i luoghi della rappresentanza, oggi, viaggiano ad una lunghezza d’onda diversa rispetto ai bisogni e le esigenze della società.
Come spiegare altrimenti il grande consenso accordato al M5S e soprattutto l’altissimo tasso di astensionismo? Tolti coloro che votano per spirito di militanza e coloro che votano contro qualcuno, quanti oggi sono realmente convinti dei progetti e delle proposte messe in campo dai partiti in Italia?
Come interpretare il successo ottenuto nelle ultime elezioni amministrative dal Pd, mi direte? Per me si tratta dell’apoteosi del voto d’appartenenza. Un successo ottenuto nonostante il suo gruppo dirigente avesse provveduto a mettere in pratica “Il manuale completo di ciò che non bisogna fare in politica”. Sottotitolo: “Dalla campagna elettorale, alla formazione del governo, al voto per il presidente della Repubblica”.
Per queste ragioni trovo stucchevole l’idea perversa, messa in campo da alcuni dirigenti del Pd, di alzare ancora di più il muro che ci separa dalla società, prevedendo il voto soltanto per gli iscritti, o comunque una platea molto ristretta, per lelezione del prossimo segretario (che già, altrove, secondo me dovrebbe essere un Presidente http://www.davidefaraone.it/default.asp?p=295).
Altrettanto incomprensibile è l’idea di elezione di un segretario che svolga il compito affidato normalmente ad un responsabile organizzazione. La leadership di un partito moderno che si candida a guidare il Paese non può che essere votata dai cittadini con primarie libere e non può che essere la proposta fatta al Paese, di guida del governo. Altrimenti ci si sta attrezzando per costruire un partito del “megliopochimanoi”.
Una forza politica che si accontenta, che si prepara al galleggiamento.
Io piuttosto credo che il Pd debba preparare la rivoluzione, culturale, economica e sociale, di cui il Paese ha bisogno. Quella rivoluzione aperta, coinvolgente, che includa le migliori forze e speranze di questo Paese. Con coraggio, unico modo per guardare al futuro, e con la giusta rapidità, perché occorre fare in fretta, come dice Truman, “Chi dorme non piglia tempo, chi ha tempo non aspetti pesce”.
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