Avrebbero passato ai detenuti marijuana e cocaina, profumi, mp3 e pizzini. E, inoltre, avrebbe permesso a membri considerati importanti di diverse famiglie mafiose di incontrarsi privatamente tra loro, avere colloqui telefonici con i familiari e passare informazioni. È l’accusa rivolta a cinque agenti che hanno prestato servizio nelle strutture penitenziarie di Bicocca e piazza Lanza. Ai domiciliari è finito un assistente capo della polizia penitenziaria, Mario Musumeci. Le ipotesi di reato sono corruzione continuata e detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente commessi dal 2009 al febbraio 2013. Nell’inchiesta è coinvolto anche il comandante della polizia penitenziaria in servizio nella struttura di Bicocca, Giuliano Gerardo Cardamone, accusato di essere «un soggetto stabilmente a disposizione dei componenti della consorteria mafiosa Laudani da cui veniva mensilmente retribuito con somme di denaro».
Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania, sono partite nel novembre 2012 dall’arresto in flagranza di un collega di Musumeci, Antonino Raineri, che lavorava nel carcere di piazza Lanza. Raineri fu trovato in possesso di un pacco contenete droga, pizzini e altri oggetti da consegnare ai detenuti in cambio di denaro. Per questa vicenda l’uomo è stato condannato con sentenza non ancora definitiva per detenzione di droga e corruzione. Grazie ai racconti di alcuni testimoni di giustizia e alle intercettazioni disposte dagli inquirenti, è emerso quello che le forze dell’ordine definiscono «un sistema di corruzione che ha visto coinvolti in modo sistematico alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria, in servizio presso le case circondariali di Catania piazza Lanza e Bicocca». Persone che «in modo continuativo e dietro corresponsione di somme di denaro (in qualche caso una tantum ed in altri con cadenza mensile), hanno favorito numerosi soggetti affiliati a organizzazioni mafiose operanti in Catania e provincia durante i periodi di detenzione».
Diverse le modalità di pagamento, a seconda del tipo di servizio reso. Le ricompense variavano dai 200 ai 300 euro per ogni pacco contenente generi vietati dal regolamento delle strutture. Assieme a Musumeci, Raineri e Cardamone, è indagato Giuseppe Seminara, assistente capo della polizia penitenziaria in servizio e sospeso perché coinvolto nell’operazione Fiori Bianchi. Avrebbe fatto parte del gruppo anche l’assistente capo Vito Limonelli, di stanza nella casa circondariale di piazza Lanza. Tutti gli indagati hanno interrotto il rapporto lavorativo per diverse ragioni (pensionamento, congedo o sospensione). Per questo motivo il gip ha disposto i domiciliari solo per Musumeci. Nella stessa indagine sono stati denunciati, per concorso nel reato di corruzione, i detenuti che hanno usufruito delle prestazioni.
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