Droga per Siracusa arrivava da Catania e Calabria Al vertice dell’organizzazione «ticket di mariti e mogli»

L’organizzazione era pronta a soddisfare qualunque tipo di richiesta venisse dal mercato:
eroina, cocaina, hashish, marijuana. La zona sud della provincia di Siracusa – in particolare Noto e Avola – era in mano al gruppo criminale decapitato dall’indagine dei carabinieri di Noto, coordinati dalla procura distrettuale antimafia di Catania. Un business fiorente grazie a due canali di approvvigionamento autonomi: uno portava in Calabria, l’altro a Catania. Tutto funzionava come all’interno di un’organizzazione mafiosa – con ruoli ben distinti e una cassa comune – eppure, secondo quanto emerso fin qui dalle indagini, il gruppo non avrebbe avuto legami diretti con Cosa Nostra, né le entrate derivanti dallo spaccio avrebbero arricchito la mafia. Non viene infatti contestato l’aggravante mafioso al reato di associazione a delinquere. Tuttavia, precisa il pubblico ministero Lina Trovato «è evidente che un’attività simile non si può svolgere senza il nulla osta della criminalità organizzata. In particolare – continua – è emerso un atteggiamento di rispetto nei confronti di un soggetto in particolare della zona di Siracusa e non si escludono contatti con la mafia catanese». 

Sono
24 gli indagati nell’ambito dell’operazione denominata Kepha, pietra in aramaico, che evoca la natura della droga sequestrata. Tra questi quattro erano già detenuti. Gli investigatori sottolineano il ruolo «originale» delle sette donne coinvolte, alcune non ancora trentenni. «Lavoravano in ticket con i compagni – spiega il procuratore capo facente funzioni Michelangelo Patanè – all’interno dell’organizzazione facevano tutto e avevano un ruolo paritario rispetto agli uomini, ma lasciavano a questi ultimi il compito di comandare all’esterno». Durante le indagini, partite nel dicembre del 2009 e andate avanti per tutto il 2010, sono state arrestate dieci persone in flagranza di reato. E sono proprio le donne a sostituire i mariti, talvolta in ruoli apicali, mentre questi sono in carcere, comandando e riferendo agli uomini detenuti quanto stava succedendo fuori. Famigliari e conoscenti hanno reagito malamente agli arresti. «Un gruppo di persone ha inscenato una protesta fuori dalla caserma», spiega il comandante provinciale dei carabinieri di Siracusa, Luigi Grasso. 

Il vertice dell’organizzazione era rappresentato da
Corrado Ferlisi, ritenuto esponente di spicco nel contesto criminale di Avola e già in carcere a Siracusa, e dal 35enne Corrado Casella. Ai loro ordini lavorava un folto gruppo con diversi ruoli: i fedelissimi alle dirette dipendenze dei capi, fornitori e spacciatori al dettaglio. Momento importante delle indagini è stato il pedinamento di Ferlisi in uno dei suoi viaggi in Calabria, soprattutto nei Comuni di Africo Nuovo, Bianco e Bovalino. «Abbiamo avuto una soffiata – spiega il capitano della compagnia di Noto, Sabato Landi – e abbiamo avviato il pedinamento tramite Gps. Al ritorno l’auto su cui viaggiava Ferlisi è stato fermata ad Avola e sono stati trovati diecimila euro, frutto evidentemente della finalità del viaggio ovvero l’acquisto della droga. Il gruppo infatti – precisa – non associava mai lo stupefacente ai soldi ma effettuava più viaggi». Nella macchina con Ferlisi in quell’occasione sono stati fermati anche Duccio e Vincenzo Morale e un terzo soggetto incensurato. 

Gli indagati parlavano spesso al telefono della loro attività, alternando riferimenti espliciti e
un linguaggio criptico in cui lo stupefacente veniva chiamato «cavallo, mezzo cavallo, motore, pezzi di motore». Così uno degli indagati, Giuseppe Coniglione, parlava con Ferlisi: «Il cavallo… mi hanno portato il cavallo, lo stallone per fare montare le giumente». «Io ora subito vengo – rispondeva il capo – mi metto nella macchina e sto venendo, in venti minuti sono lì». La droga infine non veniva solo da oltre lo Stretto, ma era stato aperto un secondo canale di approvvigionamento a Catania, grazie all’attivismo di una delle donne del gruppo, Giuseppina Parisi, 44 anni, del figlio Sebastiano Sinatra e degli altri indagati Marco Ben Maatooug, Sebastiano Coffa, Carmen Coffa, Venerando Alfò, detto Fernando. Il gruppo poteva contare anche sulla disponibilità di armi, ma è stata sequestrata solo una pistola. 

L’elenco dei 24 indagati, di cui due sono ancora ricercati: 

Venerando Alfò, 1978
Corrado Alicata, 1979
Marco Ben Maatooug, 1984
Massimo Buscemi, 1978
Adriana Caruso, 1985
Giuseppina Caruso, 1977
Corrado Casella, 1978
Carmen Coffa, 1977
Sebastiano Coffa, 1980
Giuseppe Coniglione, 1960
Antonietta Di Maria, 1962
Nunziatina Di Rosa, 1978
Corrado Ferlisi, 1980
Paolo Iacono, 1977
Salvatore Iacono, 1969
Duccio Morale, 1981
Vincenzo Morale, 1968
Giuseppina Parisi, 1971
Marco Piccione, 1987
Salvatore Santostefano, 1980
Alfio Fabio Sciuto, 1977
Stefania Silvia, 1988
Sebastiano Sinatra, 1990
Andrea Laccania Virzì, 1962

Salvo Catalano

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