Dragotto, Palermo ce la può fare

Però ha coraggio. Da vendere. Perché la prima domanda che una persona sana di mente si pone nel sentire parlare Tommaso Dragotto – che stamattina, a Palermo, nei saloni dell’Hotel Wagner ha tenuto una frizzante conferenza stampa per presentare la prorpia candidatura a sindaco di Palermo – la prima domanda che una persona normale si pone, dicevamo, è: ma chi glielo fa fare?
Già, chi glielo fa fare? Solo la passione per la propria città può indurre un imprenditore come Tommaso Dragotto – titolare di un gruppo internazionale di successo nel settore dell’autonoleggio – a gettarsi nell’agone politico, da solo, senza protezione alcuna, senza partiti, forte solo delle proprie idee, che possono essere più o meno condivisibili, ma sono quanto meno vere e pensate da lui.
A sentirlo parlare si capisce lontano un miglio che il suo non è un approccio alla Berlusconi. Chi si aspettava grandi promesse – tipo il milione di posti di lavoro che il Cavaliere promise nel 2001 – rimane deluso. Il suo è un approccio pragmatico e realista. Parte da un presupposto che nessuno può smentire: Palermo è con le ‘gomme a terra’. Una città ridotta male. Con le strade scassate. Con il bilancio che lambisce il dissesto finanziario. Con il personale ‘stabilizzato’ nelle società collegate al Comune che rischia il licenziamento. Con i servizi sociali azzerati dalla follia di un amministrazione comunale – quella del sindaco dimissionario (o in ‘fuga’, se si preferisce), Diego Cammarata – che ha dirottato quasi tutte le risorse finanziarie per il pagamento del personale (cioè degli stessi precari ‘stabilizzati’).
La lista dello sfascio di una città allo sbando potrebbe continuare. Ma Dragotto non si scoraggia. Anzi, le difficoltà quasi quasi lo entusiasmano. E a una giornalista che gli chiede perché mai i palermitani dovebbero votarlo, risponde con una domanda capovolta: “E perché i palermitani dovrebbero continuare a votare per quella politica che li ha portati alla rovina?”.
“Palermo – dice – deve ricostruire il proprio tessuto economico. Con sagacia e intelligenza. Io stesso ho provato cosa significa, per chi vuole fare imprenditoria dalle nostre parti, avere a che fare con un’amministrazione pubblica kafkiana. A Villagrazia di Carini ho aperto il cuore pulsante della mia azienda. Sapete quanto abbiamo dovuto aspettare per avere le autorizzazioni? Cinque anni. Per dare lavoro a sessanta persone ho dovuto aspettare cinque anni. Vi sembra normale? E’ chiaro che così non va. O si cambia o chiudiamo”.
Tra il pubblico è arrivato Massimo Costa, il candidato del Terzo polo, sempre a sindaco di Palermo. E’ giunto per ricambiare la presenza di cortesia: Dragotto si è recato alla presentazione di Massimo Costa, e quest’ultimo ha ricambiato la cortesia. “Tra persone civili si fa così – chiosa Dragotto – non siamo nemici, ma leali avversari che lavorano per il bene della nostra città”.
Un passaggio lo dedica alle società collegate al Comune di Palermo. Che ‘viaggiano’ – così si dice – sui 400 milioni di deficit strutturale (cioè un deficit che si ripropone ogni anno, perché i dipendenti vanno pagati ogni mese). Che fare? Dragotto non si tira indietro: “Intanto -spiega – serve liquidità. E si può trovare. Basta vendere le partecipazioni di Gesap e Amg Energia. Si ricaverebbero circa 200 milioni di euro. Dopo di che si passa alla riorganizzazione. Le economie di scala ci sono. Bisogna solo lavorare. Trovare le giuste soluzioni anche per questo problema non è impossibile”.
E poi? Tante le proposte. Tutte illustrate nel suo programma. Che è tutto imperniato sulla risoluzione dei problemi della città. A cominciare da quelli finanziari. “Il governo nazionale – precisa – ha approvato un provvedimento che rivede gli estimi catastali, oggi irrisori. Mi sembra giusto. Queste sono nuove entrate. Chi impedisce alla nostra città di introdurre una tassa di soggiorno? Ovviamente, se lo facciamo, è perché offriremo ai turisti servizi che oggi non ci sono. La mia idea di città scommette molto sul turismo. Cioè sulla nostra cultura millenaria. C’è solo da amministrare bene. Io ci voglio provare. Non nel mio interesse, ma nell’interesse dei palermitani. Spetta a loro decidere se cambiare le cose o continuare come prima”.

 

Giulio Ambrosetti

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