Donne vittime di violenza, 300mila euro per borse lavoro Finanziati sette progetti, «percorsi per ricostruire identità»

Una sala da parrucchiera, un centro estetico, un ristorante, una macelleria, un panificio, una casa di riposo, un’agenzia assicurativa e una palestra. Sono questi i percorsi già avviati di inserimento lavorativo per donne vittime di violenza prese in carico dalla casa rifugio della cooperativa sociale Etnos di Caltanissetta. 

La società nissena si è aggiudicata la fetta più ampia – 144mila euro su un totale di poco più di 300mila euro – dei finanziamenti che la Regione ha assegnato per borse lavoro a favore di donne che hanno subito violenza e che fanno riferimento a centri antiviolenza, case di accoglienza o case rifugio. Secondo la graduatoria definitiva decisa da una commissione composta da cinque componenti del personale interno al dipartimento della famiglia e delle politiche sociali, sono sette progetti destinatari dei fondi. 

Unica esclusa la società cooperativa Serenità di Salaparuta, in provincia di Trapani, che è risultata «non valutabile in quanto la commissione rileva che le beneficiarie indicate nell’intervento proposto non corrispondono alla tipologia richiesta dall’avviso», così si legge nel decreto. A tale proposito, stando all’avviso pubblicato nel mese di ottobre con i requisiti per partecipare, si esplicita che il fine era quello di «sostenere il percorso dedicato alle donne vittime di violenza e mirato a una loro autonomia economica, occupabilità e all’empowerment individuale». 

Due borse sono andate all’associazione palermitana Millecolori onlus di Palermo (16mila euro) e altre due all’associazione Luna nuova di Casteldaccia, in provincia di Palermo (16mila euro). Tre sono state assegnate all’associazione Pink Project di Capo d’Orlando, in provincia di Messina (24mila euro), quattro borse alla società cooperativa Quadrifoglio (28mila euro) di Santa Margherita Belice, in provincia di Agrigento. Poi altre quattro alla messinese Cirs onlus (32mila euro) e cinque all’associazione Vita nuova di Favara, in provincia di Agrigento (40mila euro). Alla società cooperativa Etnos sono state assegnate venti borse di studio per una cifra complessiva, come già detto, di 144mila euro.

«Da anni operiamo in tutte le nostre attività secondo una logica di inclusione», spiega a MeridioNews Fabio Ruvolo, il legale rappresentante della Etnos. Nata nel 2005, la cooperativa sociale si occupa di realizzare e promuovere pratiche di economia finalizzate a uno sviluppo sostenibile con l’applicazione dei principi del commercio equo e solidale. Passando da servizi per persone con demenze degenerative invalidanti o con disabilità, è dal 2011 che la cooperativa avvia progetti rivolti all’accoglienza per madri in difficoltà e donne vittime di violenza. 

«Attualmente sono due le strutture di accoglienza, una è Il chicco di grano mentre l’altra è a indirizzo segreto per i casi che richiedono maggiore tutela e in totale ospitiamo 19 donne». Già nel passato la cooperativa aveva ottenuto un finanziamento da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri per favorire l’integrazione lavorativa delle donne inserite in percorsi di ricostruzione della propria autonomia. «In quel caso – raccontano – l’idea si è concretizzata in un ristosolidale, un ristorante-pizzeria che abbiamo chiamato Un posto tranquillo, dove lavorano le donne accolte nelle case di accoglienza e anche alcuni ragazzi con disabilità psichiche».

Con questi ultimi finanziamenti che la Regione ha stanziato, la Etnos riproporrà progetti alle reti di imprese con le quali alcune attività sono già in itinere. «Ma – precisa Ruvolo – prenderemo in considerazione e valuteremo anche nuove proposte da altre aziende, tenendo conto soprattutto della vocazione delle donne. La prima fase dei nostri progetti – racconta – prevede sempre che le donne vadano innanzitutto alla ricerca di loro stesse e delle capacità che possono già mettere in gioco, o anche che sono potenzialmente interessate a sviluppare, a livello lavorativo». Valutate insieme a professionisti ed esperti le competenze, si attivano le ricerche di aziende «dove la donna possa meglio esprimente le proprie attitudini e competenze».

Dal mondo della ristorazione a quello della cura della persona, dal settore alimentare a quello sociosanitario. «In ogni caso abbiamo un tutor che accompagna le donne, soprattutto nella prima fase di inserimento nel mondo del lavoro. Ognuna di loro viene poi seguita per tutto il tempo della durata della borsa, per quanto riguarda non solo le procedure amministrative ma soprattutto le dinamiche di tipo relazionale. C’è anche una psicoterapeuta – dice – che interviene per incoraggiarle nei momenti di difficoltà o di scoramento che possono capitare, perché sono fasi fondamentali in cui queste donne ricostruiscono la propria identità. Ci auguriamo che dopo l’anno della borsa lavoro – conclude – il percorso possa continuare».

Marta Silvestre

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