Assolto dall’accusa di omicidio colposo perché il fatto non sussiste. L’esito è quello del processo d’Appello in cui l’unico imputato era il ginecologo Placido Borzì, 59 anni, dal 2005 responsabile del servizio di procreazione medicalmente assistita all‘ospedale Cannizzaro di Catania. In primo grado, il camice bianco era stato condannato dai giudici a quattro mesi con pena sospesa. Dietro i freddi verdetti delle aule di giustizia del tribunale di piazza Giovanni Verga c’è la storia di Cinzia Schilirò, mamma di tre gemelli morta il 27 dicembre 2008 a distanza di una decina di giorni dal parto. Un evento programmato con la vittima che, durante la gravidanza, era stata seguita proprio da Borzì.
Dopo la nascita dei bambini, la donna accusa una serie di complicazioni, tanto da essere trasferita nel reparto di Rianimazione. Qui viene sottoposta a craniectomia decompressiva, ma il giorno dopo muore. I familiari, con in testa la sorella e il marito della vittima, presentano un esposto in procura che fa partire l’inchiesta. Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati finiscono subito la condotta del medico e sue le eventuali negligenze. Per fare luce sulla vicenda nel processo di secondo grado – con Borzì che è stato assistito dall’avvocata Isabella Giuffrida – i giudici hanno disposto una perizia poi rivelatasi decisiva ai fini dell’assoluzione.
La procura generale al termine della requisitoria, tuttavia, aveva chiesto la conferma del giudizio di primo grado con la dichiarazione di prescrizione del reato, a distanza di 12 anni dal parto. I togati hanno però deciso di assolvere il medico con la formula «perché il fatto non sussiste» scegliendo, inoltre, di non dichiarare estinto il reato. Durante l’ultima udienza, quella riservata alle conclusioni della difesa e della parte civile, queste ultime hanno rinunciato al proprio atto di costituzione. Nella sentenza di primo grado per Borzì, oltre alla condanna, era stata stabilita una provvisionale immediatamente esecutiva del valore di 50mila euro.
Dopo la morte della donna, nel 2018, le è stata intitolata una grotta lavica scoperta a San Gregorio, nella Riserva naturale integrale complesso Immacolatelle e Micio Conti. In un’area gestita dal centro di ricerca Cutgana dell’Università di Catania con cui Schilirò ha collaborato per alcuni anni occupandosi pure dell’acquario Mediterraneo di Giarre – struttura ormai chiusa – aperto grazie al contributo scientifico del Centro universitario per la tutela e la gestione degli ambienti naturali. Schilirò era attiva anche nel mondo del volontariato come operatrice della Croce Rossa di Catania e all’ex sezione dei Pionieri.
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