Onorevole Assenza, questo pomeriggio si terrà a Catania la direzione regionale di Diventerà bellissima, cosa si aspetta da questo momento di confronto?
«Credo che non sarà una direzione dalla quale uscirà chissà quale decisione epocale, all’ordine del giorno abbiamo l’organizzazione del movimento nei territori».
Pensa che sarebbe un errore sciogliere Diventerà Bellissima e farla confluire nella Lega?
«Questa opzione non è neanche in discussione, il movimento conserverà comunque la propria autonomia. Semmai, in prospettiva, si può ipotizzare un patto federativo con una forza politica di respiro nazionale. In questo momento pensiamo solo a rafforzare il partito. Nei territori, ma potrebbe avvenire anche in Assemblea regionale».
Attenzione, questa è una notizia.
«Non avverrà né oggi, né domani, ma ci sono le condizioni perché questa situazione si verifichi».
Nessun nome?
(sorride, ndr)
Al di là del quadro nazionale, cosa ne pensa di questi primi passi della Lega in Sicilia?
«Eh, sta cercando di trovare persone che non siano compromesse coi danni del passato, non è semplice neanche per loro. Però c’è Stefano Candiani che è persona esperta e preparata. Mi convince il fatto che non cerchino di saccheggiare dalle altre forze politiche già esistenti».
Meno di due anni fa, Matteo Salvini veniva in Sicilia, a Palermo, ma la notizia era la sala mezza vuota. Cos’è cambiato da allora, a suo avviso? È cambiato Salvini? O i siciliani?
«In realtà entrambe le cose, è cambiato Salvini e sono cambiati i siciliani. Mi spiego meglio: certi atteggiamenti antimeridionalisti della Lega sono venuti meno, oggi è più che altro una Lega nazionale e non più solo nordista. Certo, tra gli abitanti del Meridione un minimo di diffidenza resta sempre. Non da parte mia, ma resta. Però vediamo anche che i leghisti della prima ora si sentono in qualche misura scavalcati dai leghisti della seconda ora».
E poi ci sono i siciliani. Sempre guardando al quadro politico di meno di due anni fa, Musumeci indicava nelle praterie centriste il campo d’azione del vostro movimento.
«Che l’elettorato radicato in un solo movimento sia ridotto al lumicino è un dato di fatto: io sono un uomo di destra, lo sono sempre stato e lo sarò per sempre. E così anche a sinistra conosco persone convintamente radicate nel loro pensiero, ma ormai siamo una minoranza. L’elettorato è fluttuante, si può passare dal 5 al 30 per cento in un attimo e viceversa: la parabola del Movimento 5 Stelle lo mostra chiaramente. Però sappiamo che esiste un elettorato moderato che non gradisce posizioni ed esternazioni estreme. Musumeci da illuminato uomo di destra capisce che ci sono molti orfani in quell’area».
Appena qualche giorno fa, ancora una volta, il governo aveva indicato una strada per le elezioni nelle ex Province e l’Assemblea ne ha approvata un’altra. Cosa pensa della coalizione di governo? Servirebbe un dialogo maggiore?
«Un dialogo maggiore non farebbe male a nessuno. Però proprio su quell’argomento non c’è stata una discrasia tra Ars e governo, non sono quelli i problemi di frizioni nella maggioranza. In quel caso alcuni esponenti del centrodestra hanno fatto notare che molti Comuni sarebbero rimasti senza rappresentanza e così si è deciso un rinvio che forse il governo ha un po’ subito, ma tutto sommato è andato bene a tutti».
Certo, la strada resta tutta in salita, tra nomine dei direttori generali, rimpasto, sessione di bilancio, amministrative…
«Allora, conoscendo Musumeci, sulle nomine dei direttori generali non credo che saranno fatte in base alle pressioni dai partiti, ma in base al merito di chi c’è stato o di eventuali esterni. Qui c’è in ballo l’efficienza della macchina amministrativa, quella partita la eliminerei dal manuale Cencelli della magliettina di partito da indossare. Sul resto è auspicabile un dialogo maggiore, piuttosto che andare a colpi di emendamenti in commissione o in Aula».
Con Nello Musumeci oltre che colleghi di partito siete amici di vecchia data. Le capita mai di dargli qualche consiglio sulla gestione delle dinamiche politiche della coalizione?
«Sono onorato di conoscere ed essere amico di Nello Musumeci da 45 anni. Il nostro è un rapporto molto schietto, mi posso anche permettere – come lui fa con me – di criticare alcuni atteggiamenti o prese di posizione nel massimo rispetto e debbo dire che molte volte ha ragione lui. E qualche volta anche io. La bontà delle sue scelte si comincia a vedere adesso e si vedrà ancora di più tra un paio d’anni. Basti vedere quel che è riuscito a fare sui fondi strutturali o sulla certificazione della spesa comunitaria».
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