«Svendesi a un milione di euro, causa dissesto». Lo striscione è chiarissimo e la provocazione altrettanto. Il luogo è un simbolo: la fontana monumentale del tondo Gioeni, completata dopo diversi ritardi e diventata l’argomento principale dell’ultima campagna elettorale. Da un lato il sindaco Enzo Bianco, che ne ha a lungo vantato le qualità; dall’altro tutti gli altri candidati (tra i quali il sindaco Salvo Pogliese) che l’hanno additata come uno spreco di risorse pubbliche. In mezzo i catanesi, divisi: tra chi l’apprezzava e chi, invece, al massimo la definiva un’acquasantiera. Per di più costata cara: quasi un milione di euro di soldi provenienti da un mutuo acceso con la cassa depositi e prestiti per la realizzazione di una pista ciclabile.
«Noi non siamo disposti a pagare il dissesto del Comune di Catania – scrivono gli attivisti in una nota – Non siamo disposti a non percepire lo stipendio perché sindaci e partiti di centrodestra e centrosinistra che hanno governato Catania negli ultimi vent’anni hanno saccheggiato le risorse pubbliche». E continuano: «Il dissesto deve pagarlo chi l’ha causato. Mettiamo quindi in vendita le opere inutili costate centinaia di migliaia di euro e costruite solo per soddisfare le manie di grandezza dei sindaci». Delle prossime iniziative di questo genere sarà data notizia attraverso la pagina Facebook Dissesto a Catania: chi paga?.
La provocazione della svendita della fontana ricorda un po’ quella, datata 2008, dell’asta su Ebay per il Liotro: la fontana dell’Elefante al migliore offerente, con un bonus non da poco per chi avesse offerto più di cento milioni di euro: diventare co-patrono della città ed essere portato in trionfo con Sant’Agata. Dieci anni fa si vendeva il simbolo del Comune, oggi la fontana monumentale. Sembra una metafora.
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