Un piccolo sgarbo, se così lo può definire, tra l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza e la sesta commissione parlamentare si trasforma nell’ennesimo strappo tra governo e parlamento. Una polemica a tutto campo accesa all’inizio dalla presidente, la forzista La Rocca Ruvolo e dai componenti del Pd della commissione, ma che ha finito per coinvolgere diverse latitudini politiche e infine anche il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e quello della Regione Nello Musumeci.
Il casus belli riguarda l’utilizzo, come previsto da normative nazionali, di una fetta dei fondi del Pnrr per ridisegnare il sistema dell’assistenza domiciliare integrata ai disabili, la cui assegnazione passerebbe dalle mani delle Asp, che finora lo ha fatto tramite gara d’appalto, a quelle dei cittadini, col paziente che potrà decidere a quale gestore affidarsi tra quelli accreditati dalla Regione. Sul piatto ci sono circa 400 milioni di euro, con la garanzia di assunzione per tremila persone specializzate. Una riforma che ha ricevuto diverse richieste di integrazione in commissione Salute, suggerimenti che l’assessore Razza aveva garantito sarebbero stati tenuti in considerazione, salvo poi pubblicare in gazzetta ufficiale il testo senza la minima modifica.
Da qui le rimostranze dei deputati, di cui si è fatto portavoce Gianfranco Miccichè da presidente dell’Assemblea regionale, con un fitto carteggio epistolare con Musumeci e con lo stesso Razza. Lettere dal tono non sempre disteso, quanto meno fino all’ultima replica del presidente della Regione. «Nonostante l’assessore Razza non fosse obbligato dal parere della commissione – dice Miccichè – non avere tenuto conto delle osservazioni della commissione dopo aver garantito che l’avrebbe fatto è sembrata una mancanza del rispetto istituzionale nei confronti dell’Assemblea. Oggi ho ricevuto una lettera del presidente della Regione con cui, in maniera molto garbata e ineccepibile, dice che alcuni rilievi della commissione sul decreto non meritavano attenzione perché contenuti nel decreto, e che se così non dovesse essere l’assessore al ramo sarà disponibile a discuterne e ci saranno alcuni provvedimenti integrativi».
Una risposta che in parte getta acqua sul fuoco, anche se Miccichè non risparmia una frecciata nei confronti di Musumeci, pur apprezzando i toni dell’ultima replica: «Lo poteva fare prima, evitavamo tutta una serie di inutili lettere, ma comunque lo ringrazio». Le parole del governatoe non convincono invece i componenti della commissione, tra cui il dem Antonello Cracolici. «C’è un punto che continuo a ritenere insoddisfacente anche nella risposta del presidente – spiega il deputato – Gli atti di programmazione o di norma o di prassi debbono essere corroborati dal parere obbligatorio, anche se non vincolante nel merito, delle commissioni. Il governo non fa una cortesia al parlamento quando discute gli atti e non lo fa non tra quattro amici al bar, ma con le formalità del caso. Poi il governo è libero di dare esecuzione all’atto come gli pare, ma sugli indirizzi politici il parlamento è l’unico organo sovrano».
A venire a galla per l’ennesima volta, secondo i deputati, è la mancata connessione tra governo e parlamento, con quest’ultimo scavalcato. Accusa a cui Razza non è nuovo. «Questa filosofia nasconde una visione dirigista – conclude Cracolici – In discussione c’è una prerogativa del parlamento, di cui tutti noi dobbiamo essere fedeli custodi se vogliamo difendere il sistema parlamentare».
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