Dipendenti pubblici, relazione della Corte dei Conti «Sicilia tra stipendi alti, doppi incarichi e assenteisti»

Assenteismo diffuso, retribuzioni generose, facili promozioni e soprattutto doppi incarichi. Sono le criticità che spesso si riscontrano nella gestione del personale nella pubblica amministrazione in Sicilia. Vengono messe in rilievo nella relazione del presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, Guido Carlino, assieme ad altri abusi: in particolare la violazione degli obblighi di esclusività professionale. 

I danni patrimoniali spesso si accompagnano a quelli all’immagine dell’ente di appartenenza. I casi che trovano una definizione più rapida sono quelli per assenteismo, un fenomeno che non regredisce in modo significativo malgrado i giri di vite degli ultimi tempi, culminati anche con il licenziamento degli assenteisti: un caso ha riguardato la stessa Corte dei Conti siciliana. C’è poi una specifica vicenda che interessa alcuni professori dell’Università di Catania ai quali sono contestati danni rilevanti per avere violato l’obbligo dell’esclusività. A un docente vengono chiesti, in particolare, 332mila e 599 euro per avere svolto «attività libro-professionale incompatibile con lo status di docente universitario».

La Procura regionale della Corte dei conti ha anche contestato un danno di quasi 840mila euro per la nomina di un dirigente generale esterno della Regione siciliana. Il caso, senza altre indicazioni, viene citato nella relazione del procuratore Gianluca Albo che ha promosso un giudizio nei confronti della giunta regionale del tempo. Presidente e assessori non avrebbero «previamente valutato la sussistenza di professionalità interne» e avrebbero deciso la nomina «in contrasto con mi limiti della legge per l’affidamento ad esterni di tali incarichi». Secondo il procuratore Albo, servirebbe una legge in grado di frenare gli incarichi politici e amministrativi per chi è responsabile di un danno erariale.

Un aspetto, quest’ultimo che, insieme alle contestazioni ai dipendenti pubblici, fornisce secondo il presidente della Commissione antimafia, Claudio Fava, «un quadro preoccupante, soprattutto quando descrive le pratiche della politica. Troppi amministratori pubblici continuano a ricoprire incarichi delicatissimi, pur se condannati in sede contabile. Uomini e donne che continuano a gestire ingentissime somme di denaro pubblico pur in presenza di condotte gravi accertate. Se la politica vuole riacquistare onorabilità e dignità occorre intervenire, come chiede anche il procuratore Albo, sul piano legislativo, sancendo l’incandidabilità per chi è responsabile di condotte dannose per l’erario. Allo stesso modo non è più rinviabile dotare anche la Sicilia di una legge che consenta la verifica dei finanziamenti elettorali e delle spese dei partiti e delle liste».

Redazione

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