di Economicus
Dopo il terremoto elettorale, con la grande vittoria del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, i mercati (questo il nome delle lobby finanziarie e bancarie: quelle che, ogni anno, inghiottono oltre il 50 per cento del Pil della presunta Europa Unita) sono già al lavoro: Borse in picchiata e spread in rialzo. E il solito ricatto: il ricatto che, nel novembre del 2011, ha portato Mario Monti prima alla nomina a senatore a vita e poi al Governo del nostro Paese.
Questa volta, però, il ricatto rischia di fare un buco nellacqua. Per tre motivi. Primo: perché il Governo Monti è stato un totale fallimento. Al di là del Minculpop che lha sostenuto, il Professore, arrivato a Palazzo Chigi per ridurre il debito pubblico italiano, lo ha fatto lievitare, portandolo sulla soglia incredibile dei 2 mila miliardi di euro!
Tutto questo è avvenuto mentre lo stesso Governo Monti ha riempito di tasse gli italiani. Utilizzando male i soldi scippati alle famiglie e alle imprese. Emblematico il caso dei circa 4 miliardi di euro finiti nelle casse del Monte dei Paschi di Siena, banca tradizionalmente vicina al Pd.
In pratica, il prestito (un presto strano, analizzato nelle scorse settimane dal nostro giornale, che prevede la restituzione dei soldi solo se lo stesso Monte dei Paschi sarà in attivo: a quale impresa e a quale contribuente italiano si concede una simile agevolazione?) erogato alla banca senese è stato pari al prelievo che il Governo Monti ha tolto alle famiglie italiane con lImu. A conti fatti, una vergogna.
Ieri, in tv, Monti ha avuto anche la sfacciataggine di dire che il suo magro risultato elettorale è il frutto del fatto che lui è stato chiamato dalla politica a fare il lavoro sporco per salvare il Paese. Che Monti abbia fatto un lavoro sporco non ci sono dubbi: perché non può certo essere definito pulito togliere alle famiglie italiane 4 miliardi di euro per poi scoprire che la stessa cifra è finita al Monte dei Paschi di Siena. In più, il Governo Monti non ha risanato nulla, perché, come già ricordato, il deficit pubblico del nostro Paese è cresciuto.
Il secondo motivo per il quale laumento dello spread non fa più paura a nessuno è legato al fatto che ormai il gioco è stato scoperto. Lo spread si alza e si abbassa a comando. E se nellautunno del 2011 è stato interpretato come qualcosa di misterioso al cospetto del quale tutti si dovevano inchinare, quasi unofferta che non si poteva rifiutare, sul modello de Il Padrino, oggi lo spread che aumenta, proprio perché non legato al libero mercato, ma a chi controlla il mercato, può essere interrotto con un semplice passaggio: la fuoriuscita del nostro Paese dalleuro e, quindi, dallUnione Europea.
Nel novembre del 2011 la fuoriuscita dalleuro sembrava unimpossibile follia. Oggi – basta andare sulla rete per rendersene conto – la fuoriuscita dellItalia dalleuro è al centro di un dibattito pubblico che, dagli addetti ai lavori, va diffondendosi nel corpo della società. Di più: mentre nellautunno del 2011 luscita dalleuro sembrava un danno per il nostro Paese, ora non solo si è scoperto che non è così, ma è stato appurato che è lUnione Europea che non può permettersi di perdere lItalia e non viceversa.
Il terzo motivo per il quale lo spread che aumenta non fa più paura è legato alla struttura dellunione Europea, sempre più fragile e sempre più corrotta. Lo scandalo della carne da cavallo di questi giorni è solo la punta di un iceberg che riguarda tutta la tracciabilità dei prodotti, ovvero il controllo degli alimenti – ma non solo degli alimenti – dal momento in cui vedono la luce fino al consumatore finale (nel caso della carne, la genealogia, per esempio, nel caso di un vitello, la nascita, il luogo dove è cresciuto. lalimentazione e via continuando).
LUnione Europea non è mai stata interessata alla tracciabilità dei prodotti. Per un motivo semplice: perché non tutela i consumatori (cioè i popoli europei), ma i grandi commercianti, le grandi catene commerciali e chi specula su questi prodotti). Così come non è interessata alla tracciabilità, la stessa Unione Europea non è interessata a proteggere certe produzioni agricole, soprattutto quelle del Sud Europa: da qui lautorizzazione a produrre succhi di frutta senza frutta o il vino senza uva.
In conclusione, questUnione Europea non è quella dei popoli, ma quella degli affaristi e degli speculatori. Con una burocrazia che, con il passare degli anni, è diventata elefantiaca, inefficiente e, soprattutto, costosa. Una parte consistente delle tasse che pagano glitaliani questo nessuno lo scrive – serve per mantenere questa burocrazia kafkiana.
Non solo. Come ha scritto il nostro Alessandro Mauceri, lItalia, pur avendo quattro Regioni ad Obiettivo Convergenza che ricevono – o che dovrebbero ricevere – i fondi strutturali, da dieci anni, ogni anno, ci rimette un sacco di soldi tolti alle famiglie e alle imprese italiane.
Togliamo reddito alle famiglie e opportunità di crescita alle nostre imprese per tenere in piedi unistituzione fallimentare che, in cambio, ci crea solo grandi problemi. Basti pensare al Fiscal compact, un trattato internazionale firmato dal Governo Monti (e quindi sostenuto dal Pd, dal Pdl e dallUdc) che impone al nostro Paese di versare 50 miliardi di euro allanno per i prossimi 20 anni per fare grande unEuropa Unita che, detto in soldoni, è solo un gigante dai piedi di argilla. Per non parlare delle Marinerie abbandonate o della crisi dell’agricoltura provocata, se non voluta, dalla stessa unione Europea.
Pensate: se con i 4 miliardi di euro dellImu-Monte dei Paschi di Siena glitaliani sono andati in tilt, che succederebbe on una manovra da 50 miliardi di euro allanno? Come si può firmare un trattato internazionale così demenziale?
Anche in questo caso, ha ragione Beppe Grillo: al di là del dibattito sulleventuale uscita dellItalia dalleuro, che andrà avanti, dovranno essere gli italiani, con un referendum popolare, a stabilire se restare o meno nellUnione Europea. Così funziona la democrazia. Non siamo entrati nellEuropa Unita per buttare a mare la Costituzione del 1948. Se qualcuno ha pensato questo ha fatto male i conti.
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