MA CHE FINE FANNO? NON DOVREBBERO ESSERE REINVESTITI SUL TERRITORIO?
Ammonta ad oltre 2 miliardi di euro, il valore dei beni sequestrati dalla Direzione Investigativa Antimafia nei primi 6 mesi del 2014. Un record che emerge dalle operazioni DIA su tutto il territorio nazionale dall’inizio di quest’anno.
Solo in Sicilia, i beni sequestrati alle organizzazioni mafiose sono pari ad un valore di 1 miliardo e 350 milioni di euro.
E oggi, come si legge in una nota “l’odierno provvedimento di sequestro di beni, per un valore di 100 milioni di euro, disposto dall’Autorità Giudiziaria su richiesta del Direttore della Dia, Arturo De Felice, ha consentito al Centro operativo Dia di Napoli di proseguire nella sua attività di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati dalla criminalità organizzata, e di sequestrare nei primi 6 mesi di quest’anno beni per oltre 520 milioni di euro”.
In Calabria, invece, è di circa 215 milioni di euro il valore dei beni sequestrati alla ‘ndrangheta.
Un plauso alla DIA per l’ottimo lavoro svolto. Ma che fine fanno questi soldi? Non dovrebbero essere reinvestiti sul territorio una volta confiscati definitvamente?
In realtà, le cose non vanno proprio così. Ricordiamo tutti le polemiche sull’Agenzia nazionale per i Beni Confiscati scoppiate lo scorso Marzo, in occasione della visita in Sicilia della Presidente della Commissione Nazionale Antimafia, Rosi Bindi.
Dalle interrogazioni parlamentari presentate in quel periodo, per esempio, abbiamo appreso che il 96 per cento delle imprese sottratte alle grinfie della criminalità organizzata ed affidate agli amministratori giudiziari, falliscono.
Bindi aveva tuonato contro la mancanza di un albo degli amministratori giudiziari e aveva esortato il Parlamento a cambiare la legge sui beni sequestrati e confiscati.
Ma tutto tacce.
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