Dalla Sicilia webdoc sulla primavera araba «Informazione collettiva prodotta dal basso»

«Creare una memoria collettiva attraverso le testimonianze dirette». È quello che stanno facendo i giovani fotografi, scrittori e artisti di Frame Off nell’opera Le Printemps en exil. Un webdocumentario che vuole raccontare il viaggio dei tunisini dalla loro terra alla Francia attraverso l’Italia e ciò che è accaduto durante e dopo la primavera araba. Gli autori del collettivo nato due anni fa hanno dai 24 ai 33 anni e sono tutti siciliani ma lavorano tra Noto, Bologna e Parigi. Un anno fa sono andati al Centro di accoglienza per i richiedenti asilo di Mineo per vedere cosa stava succedendo. In quell’occasione hanno dato un passaggio per la stazione di Catania a tre tunisini. Uno di questi è arrivato a Parigi e si è incontrato con un altro membro del collettivo. «Da quel momento si è innescato un processo assolutamente casuale e abbiamo deciso di seguire passo passo i viaggi di queste persone», racconta Francesco Di Martino, uno degli autori. Il progetto basato sull’esodo dei tunisini in seguito alla rivoluzione araba è nato così, per curiosità e per caso.

La forma che hanno scelto per raccontare le storie dei migranti è quella del webdocumentario, poco usata in Italia. Un sito web in cui tutti i mezzi sono connessi: testi, immagini, foto e video. Una forma innovativa che si adatta perfettamente al progetto, a come è nato e come sta andando avanti. La particolarità – dice Di Martino – sta nella partecipazione diretta dei migranti, che con mezzi come il cellulare hanno arricchito il nostro contenitore con il loro materiale. Perché loro per primi hanno voglia di raccontare il loro viaggio». Un punto di vista, quello dei migranti, che si aggiunge a quello degli autori, ma anche a quello di tutte le persone che vogliono contribuire con i loro filmati, foto e scritti. «Non esiste un unico punto di vista – aggiunge Francesco Valvo, un altro dei nove membri del collettivo – Il webdoc dà vita a un modo di raccontare che non è possibile in un film classico. È un mezzo in cui mette del suo anche il fruitore. Che diventa soggetto attivo e sceglie il suo personale montaggio».

Il filo conduttore è il viaggio, cosa vuol dire lasciare il proprio paese. È proprio quella primavera in esilio di cui parla il titolo dell’opera. «L’esilio più o meno volontario che non finisce in Italia – spiega Valvo – In alcuni casi è l’esilio del ritorno o, paradossalmente, quello di chi è rimasto, perché non ha trovato corrispondenza tra le intenzioni iniziali e ciò che ha adesso». Il progetto finora si compone di quattro capitoli, attraverso i quali si snoda il racconto del viaggio dalla Tunisia a Lampedusa verso la Francia passando per l’Italia. La seconda parte, ancora da realizzare, riguarda il ritorno in Tunisia per raccontare le storie di chi è rimasto, dei parenti di chi adesso è in Francia e di chi è ritornato. «Anche se in realtà – precisa Di Martino – è un progetto che non finirà perché continueremo a riempire il sito».

Una parte importante è l’archivio, «uno strumento fondamentale perché permette alla gente comune di proporre il proprio materiale – dice il fotografo di Frame Off – È un organo collettivo di informazione al quale stanno collaborando anche giornalisti come Antonio Mazzeo e Massimiliano Pera». Un’informazione che è anche memoria, che conferisce un valore storico al documentario. «Quello che normalmente vediamo è di seconda se non di terza mano – aggiunge Valvo – Il nostro progetto è di prima mano. È una memoria condivisa».

Il progetto è stato presentato in Francia al Centro di cinematografia di Parigi che ha deciso di sostenerne i costi di realizzazione insieme alla casa di produzione parigina House on Fire. La seconda parte sarà finanziata da Frame Off attraverso una delle più importanti piattaforme di crowdfunding in Italia, la Produzioni dal basso. Che consiste nel richiedere a un determinato numero di persone – 2mila nel caso della Primavera in esilio – una quota per completare il progetto. Il termine per il versamento delle quote, per un minimo di dieci euro, è il nove giugno. Solo se entro quella data si raggiungerà il numero di sostenitori previsto, e quindi un minimo di 20mila euro, Frame Off riceverà i fondi. «Pubblicheremo il bilancio trasparente per spiegare a tutti i sostenitori come sono stati spesi i loro soldi», annunciano gli autori, per cui 2mila adesioni non è un numero ambizioso da raggiungere. «Abbiamo calcolato la potenza del progetto e quella della rete – spiegano – La tematica è molto più ampia e ha un respiro internazionale. L’opera parla della Tunisia, ma anche dell’Italia e della Francia. Come parla in realtà di tutta l’Europa, perché si basa sul diritto di accoglienza, sulle legge sull’immigrazione e sulla reazione che hanno verso il fenomeno i diversi Stati».

L’argomento coinvolge ed è di attualità. Ma mentre in Francia il lavoro di Frame Off ha ricevuto gli aiuti da parte di una casa di produzione e dal centro cinematografico di Parigi, in Italia invece il sostegno sarà popolare e si userà per la prima volta la produzione dal basso per un webdocumentario. «Perché nel nostro paese non si investe in questo genere di cose – dice Valvo – Non c’è una forte cultura del documentario. C’è solo per lavori istituzionali». Quella di produrre la loro opera dal basso per lui è anche una scelta politica: «Ci permette di staccarci dalla politica industriale, senza bisogno di inseguire logiche politiche o di mercato. E poi non imponi alla gente cosa guardare». «In una casa di produzione è solo un gruppo ristretto che decide, noi lo chiediamo a molte persone invece», aggiunge Di Martino. Il co-produttore, inoltre, in questo caso non è solo un semplice finanziatore, ma può partecipare attivamente tanto alla realizzazione – inserendo o segnalando materiali di ogni tipo – quanto alla diffusione, condividendo l’opera multimediale attraverso il web.

Protagoniste di questo lavoro collettivo sono le storie dei migranti, come quella di Kraiem, un artista tunisino che per vivere colorava bandiere. Per gli autori del progetto è «la più esemplificativa del concetto di rete e della possibilità di dare spazio a molteplici punti di vista». Sono entrati in contatto con lui mentre era al centro di Lampedusa ed è stato il primo che ha dato loro del materiale. «È stato quello che ci ha fatto capire che non eravamo solo noi a documentare – spiegano – Che anche i migranti avevano voglia di raccontare». La storia invece che li ha coinvolti di più è quella di Walid. «Lo abbiamo accompagnato alla stazione per partire verso la Francia – raccontano – e da allora siamo diventati amici e lo continuiamo a sentire». Storie sull’immigrazione «che – come dice Valvo – è un’opportunità per entrambe le parti e non una vergogna».

[Foto di Frame Off]

Agata Pasqualino

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