La pace interiore come veicolo, grazie al contributo responsabile di ciascun individuo, per la pace concreta in un mondo troppo Europa-centrico e in cui l’occidente fatica a guardare al di là del proprio naso. È questo il fil rouge della conferenza pubblica (a pagamento) del palermitano Dalai Lama, tornato nel capoluogo siciliano a 21 anni di distanza dalla sua prima storica visita quando, nel 1996, ricevette dal sindaco di allora (sempre lui, Leoluca Orlando) la cittadinanza onoraria. Lo stesso riconoscimento che stavolta gli conferiscono i Comuni di Ventimiglia di Sicilia e Isola delle Femmine mentre Orlando gli consegna la medaglia cittadina e raccoglie la sua dedica nel libro d’onore della città.
Il Teatro Massimo, esaurito in ogni ordine di posto, trabocca di entusiasmo per il leader spirituale del Tibet, sommerso da applausi scroscianti soprattutto quando tratta i grandi temi dello scenario globale, come il terrorismo, la crisi nucleare, il clima o l’immigrazione. Più defilata la sua posizione, forse per motivi diplomatici, quando si toccano argomenti più delicati come la ripartizione dei migranti tra i paesi Ue o la crisi generazionale nel Belpaese con decine di migliaia di giovani disoccupati e senza un futuro. Anche se una risposta, seppur indiretta, il religioso la dà: «La politica deve essere compassionevole e genuina, altrimenti diventa sporcizia e inganno. I valori della compassione andrebbero insegnati nelle scuole, oggi l’istruzione è troppo materialista».
Compassione che, innanzitutto, «è un’attitudine mentale nei confronti dei nostri simili, non solo per quelli che sono vicini a noi o con i quali andiamo d’accordo ma per tutti. La pace è responsabilità, non si ottiene con le preghiere ma con le azioni». E fa un esempio: «Dopo l’11 settembre il presidente Bush, che io rispetto, ha reagito intervenendo in Iraq. Posso capirlo ma cosa ha ottenuto? Che nascessero altri dieci, cento, mille Bin Laden. L’odio è un combustibile, la violenza dilaga e genera altra violenza, la pace non si può imporre con la forza. Io gli scrissi per avvertirlo ma non mi ascoltò». Rispondere alla rabbia con la vendetta «è sbagliato, la rabbia va capita, dobbiamo coglierne le ragioni, capire da dove viene. La guerra è un modo di pensare del secolo scorso, questo deve essere il secolo della lungimiranza e del dialogo».
E quando Orlando rilancia la sua visione dell’accoglienza («chi arriva a Palermo è palermitano, non importa da dove provenga») mentre al porto sbarcano oltre 400 migranti, il Dalai Lama coglie la palla al balzo lodando la Sicilia come «terra che ha avuto compassione dei rifugiati, con senso di comunità e senza discriminazioni, andando oltre l’etnia, la religione o il colore della pelle. Dalla Sicilia può partire il coordinamento dell’azione di gestione dell’accoglienza».
«Fin dall’inizio della crisi avremmo dovuto considerare questi rifugiati come fratelli e sorelle che attraversano un periodo di grande difficoltà e di grande pericolo. Tuttavia il luogo dell’accoglienza non può diventare la patria dei migranti: dobbiamo far sì che possano acquisire la conoscenza e riorganizzarsi per poter tornare un giorno nelle loro nazioni distrutte e ricostruirle. I bambini vanno educati, gli adulti addestrati all’uso delle tecnologie. Noi tibetani, circa 150mila, siamo rifugiati da sempre eppure abbiamo ancora oggi il desiderio di tornare per ricostruire il Tibet».
Spazio poi al clima («è triste che Trump non consideri importanti la cura dell’ambiente e il riscaldamento globale, spesso i disastri naturali dipendono dalle azioni dell’uomo»), al ruolo della Russia ponte tra oriente e occidente («dovrebbe entrare nell’Unione Europea e il quartier generale dell’Onu dovrebbe essere spostato a Mosca, in modo da bilanciare il potere nel mondo») e al terrorismo: «La religione è un affare privato, interiore e personale. Penso a Berlinguer, comunista e marxista che accompagnava la moglie cattolica in chiesa. Quando fai del male agli altri non sei più musulmano, cristiano, ebreo o buddhista, sei solo un terrorista». Con un appello ai mass media: «Un vero musulmano non uccide mai ed è sbagliato parlare di terrorista islamico, chi compie atti simili smette di esserlo e si dà un messaggio sbagliato alle persone».
Bacchettata, pur senza nominarla, all’altro Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi: «Di recente ho seguito con molta attenzione quanto sta avvenendo in Birmania: non ho dubbi che Buddha proteggerebbe i nostri fratelli musulmani». Infine un ringraziamento speciale al sindaco di Messina Renato Accorinti – presente al Massimo insieme al presidente del Consiglio comunale di Palermo Totò Orlando – con l’immancabile maglietta free Tibet.
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