Seguendo un richiamo tanto antico quanto misterioso, le anguille nel corso della loro vita compiono un viaggio incredibile ricco e di insidie dal Mar dei Sargassi – porzione dell’Oceano Atlantico – raggiungendo le coste più disparate del globo. Una migrazione di migliaia di chilometri della durata di almeno tre anni, il tempo impiegato dalle cieche – le giovani larve – per raggiungere il Mar Mediterraneo attraverso lo Stretto di Gibilterra. E poi da lì, in prossimità delle coste della Sicilia, risalgono le foci di acqua dolce per stabilirsi nei fiumi. Un viaggio che nella loro vita compiono a ritroso quando le anguille, raggiunta la maturità riproduttiva, discendono i fiumi per tornare nuovamente il Mar dei Sargassi e deporre le uova. Un fenomeno reso oggi sempre più complicato dalla presenza degli uomini nei territori anche se, fortunatamente, si registrano delle felici eccezioni: questo è il caso delle Gole del Tiberio, nel Parco naturale delle Madonie lungo il fiume Pollina, nel comune di San Mauro Castelverde, dove l’anguilla europea (Anguilla anguilla) è presente da tempo.
«Da sette anni accompagno i turisti in questi luoghi – racconta Giovanni Nicolosi, autore del video e guida dell’associazione Madonie Outdoor che organizza escursioni con il gommone attraverso le gole – e ricordo da sempre la presenza delle anguille in questi territori, testimoniata anche dalla tradizione orale del luogo. In passato erano molto più diffuse, al punto che venivano pescate e mangiate, ma ora è vietato». Oggi le anguille vivono indisturbate tra le gole e contribuiscono al fascino di questi paesaggi, che richiamano turisti da tutte parti del mondo, attratti dai luoghi incontaminati. «All’interno della gola ci sono molti fossili, è un territorio selvaggio e integro – prosegue Giovanni – e probabilmente le anguille hanno trovato qui un ambiente ideale. Non sempre sono visibili – aggiunge -, ma solo in certe ore del giorno, quando i raggi del sole penetrano tra le pareti rocciose e si crea uno spettacolo suggestivo».
Non è questo il caso, perché questa zona è attraversata da un corso d’acqua importante collegato direttamente al mare. Purtroppo oggi la presenza di questa specie, ma anche di tante altre, si è ridotta nella nostra regione perché «la maggior parte dei torrenti e fiumi sono stati cementati dall’uomo, sbarrando così loro il cammino. In pratica abbiamo assistito a una cementazione delle pareti e dell’alveo con la formazione di terrazzamenti; quest’ultimi si sono dimostrati ostacoli per questa specie». La presenza delle anguille non è un fatto eccezionale di per sé, ribadisce l’esperto, ma «conferma le buone condizioni ambientali: probabilmente si tratta di un habitat ancora piuttosto sano e che ci sono prede idonee alla loro sopravvivenza».
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