«E’ impressionante l’ampiezza di questo quartiere, con 80 mila abitanti per 10 anelli. In America non è lontanamente immaginabile un quartiere di edilizia pubblica cosi grande». Questa è l’opinione su Librino di Evan Morrison, studente venticinquenne in Pianificazione urbanistica all’università di Memphis, al termine di un pomeriggio passato nel quartiere popolare della zona sud di Catania. Si trova in Sicilia insieme ad altri sette studenti per partecipare al Patto per il fiume Simeto. Si tratta di un progetto che, in collaborazione con l’Università di Catania, vuole sviluppare con una adeguata pianificazione le potenzialità e le risorse dei Comuni che insistono nella zona – Paternò, Adrano, Santa Maria di Licodia, Biancavilla, Belpasso, Centuripe, Motta Sant’Anastasia, Ragalna. Gli otto di Memphis hanno dato il loro contributo, elaborando dei progetti di pianificazione territoriale. Finito il lavoro, hanno approfittato del tempo in Sicilia per conoscere il territorio. Turisti piuttosto originali, che hanno dedicato il loro pomeriggio libero per andare a conoscere le realtà associative nate e sviluppatesi nel problematico rione.
Ad accompagnare gli studenti è Antonio Raciti, 33 anni, catanese e assistant professor, ovvero ricercatore in pianificazione urbanistica, a Memphis. «Siamo arrivati il 22 giugno, e il primo giorno di lavoro, il 23 gli studenti hanno presentato esiti e analisi territoriali sulla valle del Simeto», racconta Raciti. Che, dopo il lavoro istituzionale, ha deciso di dedicare il resto dei giorni liberi «per illustrare esperienze di pianificazione a Catania e dintorni. E in particolare Librino e come le associazioni hanno risposto ai problemi del quartiere, ad esempio con la con piattaforma elaborata dal Comitato Librino attivo», continua Raciti. Che dopo un giro nel quartiere ha portato il gruppo nella sede della Cgil Librino, uno dei punti di riferimento per l’associazionismo in zona.
«Sono rimasta molto colpita dalle organizzazioni dal basso e quanto hanno fatto per Librino e come questo lavoro ha tentato di cambiare le cose», afferma la ventiseienne studentessa Debbi La Rue. Mentre Cameron Cooper, 20 anni, sembra essere riuscito a sintetizzare molti dei problemi di cui da decenni si parla: la mancanza di socialità. «Penso ci sia molto di lavoro da dare un grande senso di comunità che non è stato realizzato – afferma Cooper – e sarebbe bello che le istituzioni abbracciassero la comunità, contribuendo a quel che ha fatto e con un piccolo aiuto».
«Quando viene qualcuno dall’America, ho sempre l’impressione che apprezzi il lavoro di aggregazione che si fa qui più delle amministrazioni e delle istituzioni. Fa rabbia», commenta Sara Fagone della Cgil Librino dopo l’incontro. Del resto per gli studenti dell’università americana non è la prima volta nel quartiere: altri studenti sono già stati qui negli anni passati per effettuare rilievi, sempre in collaborazione con il Dipartimento di urbanistica di Catania. E nel 2013 tre studenti italiani sono stati a Memphis insieme alla docente Laura Saija, nell’ambito della borsa di ricerca Marie Curie dell’unione europea. «Gli studenti catanesi sono andati in un quartiere di edilizia pubblica, e lo stesso vale per gli americani: qui possono capire come funzioni la pianificazione del territorio in Sicilia. E tutto quello che riguarda lo sviluppo urbano con fenomeni legali e non legali».
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