Da Catania un carico di beni di prima necessità per l’Ucraina Geotrans: «Ci occuperemo noi del trasporto di questi aiuti»

Presidi sanitari e beni di prima necessità partono da Catania per arrivare nelle zone dell’Europa dell’est che da un mese oramai sono devastate dalla guerra. Oltre tremila chilometri di distanza da percorrere e a curare il trasporto di questi aiuti diretti in Ucraina per conto della Protezione civile sarà Geotrans coop. Il colosso siciliano dei trasporti che da azienda confiscata alla famiglia mafiosa degli Ercolano era stata trasformata in un modello di gestione da esportare e che, meno di un mese fa, è diventata una cooperativa costituita dagli ex lavoratori dipendenti

«È stata la Protezione civile a richiedere una collaborazione da parte nostra per fare arrivare questi aiuti a chi ne ha più bisogno – spiega a MeridioNews il presidente di Geotrans Coop Luciano Modica, che prima è stato l’amministratore giudiziario dell’azienda quando era stata tolta alla criminalità organizzata – E noi, nonostante non abbiamo mai operato in quelle zone, ci siamo messi a disposizione ovviamente senza chiedere alcuna remunerazione se non un contributo per i costi vivi». Strumenti e apparecchi medici di diverso tipo e altri beni di prima necessità partiranno dal porto del capoluogo etneo, in direzione Ravenna, su un semirimorchio che verrà caricato a bordo di una nave. A occuparsi dell’intera tratta navale sarà il gruppo Grimaldi Lines, con cui già da qualche tempo Geotrans coop ha sottoscritto un accordo. 

«Abbiamo chiesto di potere imbarcare il rimorchio fino al porto di Ravenna – dice il presidente della cooperativa di lavoratori – E loro non solo hanno risposto positivamente ma si sono anche impegnati a occuparsi di questa parte del trasporto a titolo completamente gratuito. In un periodo di grandi difficoltà per tutti e, in particolar modo, in un momento di crisi anche per le aziende di trasporto – conclude Modica – siamo davvero molto felici di potere essere utili a chi sta dovendo affrontare ogni giorno il disastro della guerra». 

Marta Silvestre

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