Da Agrigento a Punta Raisi, storia di un’odissea in treno «Dei veri problemi qui non gliene frega niente a nessuno»

«Cara Sicilia, terra di bellezza, cultura e contraddizioni, ti amo… ma ogni tanto mi fai proprio incazzare». La denuncia di Marcaurelio Sciumè è di quelle che almeno una volta nella vita ciascun siciliano ha fatto. A cambiare, di volta in volta, sono solo i destinatari della rabbia. Nel caso del giovane veterinario, originario di Favara ma residente da tempo a Milano, c’è in mezzo Trenitalia. Perché nell’isola anche un semplice viaggio in treno può diventare complicato. Lo sa bene Sciumè, e con lui le decine di viaggiatori che da Agrigento l’altro ieri avrebbero voluto raggiungere in serenità Palermo. Sono appena 150 chilometri, il treno di solito ci impiega tre ore. Invece il percorso si è trasformato in una vera e propria odissea.

Complice il maltempo di questi giorni, Scimè sceglie di partire qualche ora prima: dalla stazione di Palermo centrale dovrà poi prendere la coincidenza per l’aeroporto Punta Raisi. Ha più di tre ore di margine, è tranquillo. E invece subito i primi disagi. «Alla prima fermata il treno si spegne e il motore non riparte più – racconta – Dopo 30 minuti di attesa ci comunicano la soppressione del treno, che avremmo dovuto attendere quello successivo che sarebbe arrivato dopo un’ora. Anche questo in ritardo. Ma lo prendiamo. Può mai succedere altro? Sento parlare qualcuno di un possibile problema in zona Termini Imerese ma non ci comunicano nulla e spero sia una cosa risolvibile». 

Così si arriva a Roccapalumba, nel cuore dell’entroterra siciliano. Qui il treno si ferma per quella che dovrebbe essere la solita breve sosta. E invece passa un’ora, senza alcuna comunicazione da parte del personale Trenitalia. Dopo un’attesa lunghissima viene annunciato che c’è un problema alla linea e che si dovrà tornare ad Agrigento. «Naturalmente si scatena il panico – continua il veterinario – metà della gente che era sul treno aveva un aereo da prendere e non poteva perderlo. Protestiamo, chiediamo spiegazioni e proponiamo soluzioni al capotreno che dopo qualche telefonata ci dice che sarebbe arrivato un autobus di 50 posti per circa 200 persone, senza saperci dire quando e a che ora saremmo arrivati a Palermo. Ci lasciano lì, nella campagne davanti la stazione nella speranza del bus. Qui si instaura un clima di tensione. Chi doveva decidere chi doveva salire sul bus e con quali criteri?».

I posti infatti sono limitati, e i passeggeri tanti. Così si trova un accordo in autogestione, definendo le priorità di ciascuno. Le buone intenzioni però durano poco. «Alla vista del bus (che è arrivato dopo 30 minuti circa) tutta la nostra civiltà va in frantumi – racconta ancora Sciumè – Corriamo verso il bus: confusione, spinte, qualcuno viene schiacciato contro le porte. Riusciamo a salire circa 60 persone, mi metto a terra e cedo il posto a una signora. L’autista dice che sarebbe arrivato un altro bus da li a poco. Dopo tante discussioni partiamo. Arriviamo a Palermo in orario di punta, prendo un taxi che mi porta in aeroporto». I tanti ritardi che si sono accumulati fanno pensare a Scimè che non ce la farà a prendere l’aereo. La corsa contro il tempo si infrange contro i tornelli del gate, dove arriva 15 minuti dopo la chiusura. Ma la fortuna questa volta giunge in suo soccorso: il volo è in ritardo di un’ora, riesce a partire per Milano. 

Le sei ore necessarie per arrivare in aeroporto gli lasciano però l’amaro in bocca. E perciò si rivolge con un post ai 70 deputati regionali all’Ars. «Ci costringete ad andare fuori per fare carriera o semplicemente per campare- scrive – Fate comizi, offrite caffè e dite tante belle cose in campagna elettorale. La viabilità, le strade, i trasporti, il lavoro, le infrastrutture. Diciamo che al Nord sono più efficienti. Perché dei veri problemi qua non gliene frega niente a nessuno. L’importante è mangiare bene, avere il sole, il mare e sistemate i figli e i nipoti nella pubblica amministrazione o nella sanità e poi ci chiediamo perché le cose non funzionano bene. Siete vecchi, arcaici, attaccati solo alle poltrone. E poi lasciate andare via il vostro bene più prezioso, la vostra salvezza: i giovani, le menti che produrranno reddito e investiranno in altre parti d’Italia o del mondo». 

A MeridioNews Trenitalia spiega che i disagi di mercoledì 2 ottobre sono stati dovuti al crollo di un cavo Enel lungo i binari, che ha bloccato in tal modo la circolazione. E sull’assenza di assistenza, segnalata da Scimè e da altri viaggiatori, Trenitalia fa notare che sui mezzi è il capotreno la figura addetta all’ausilio in questi casi. Da fine dicembre, inoltre, è attiva l’app che informa in tempo reale su orari ed eventuali ritardi.

Andrea Turco

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