Stavolta Rosario Crocetta ha provato a sorprendere con gli effetti speciali. Dopo quattro mesi che si parla di rimpasti, di governo e di equilibri da trovare: «Sinceramente non posso più sottrarre tempo alla mia azione», ha riconosciuto lo stesso governatore siciliano in conferenza stampa ieri. Il pezzo forte è stato l’annuncio fatto in materia di apertura di credito alle imprese siciliane fatta dal Qatar: «Con questo accordo si sta cominciando a concretizzare l’impegno sul fronte della internazionalizzazione delle nostre eccellenze, che rafforza il lavoro di tessitura nei rapporti che stiamo stringendo con gli altri Paesi».
«La mia seconda visita in Sicilia -ha detto lo sceicco – non è per turismo ma per concretizzare il percorso iniziato con le aziende. L’Italia è molto conosciuta per i suoi prodotti agroalimentari, ma la Sicilia non ha mai ricevuto la gratificazione che merita a livello internazionale», ha risposto, a stretto giro di gomito in conferenza stampa lo sceicco del Qatar Mohamed Al Emadi. «Se mi facessero perdere meno tempo – ha proseguito Crocetta – forse potremmo mostrare tutta la capacità di un’azione internazionale, dalla quale potremmo trarre molti vantaggi. Nel prossimo anno e mezzo non ho intenzione di dedicare tempo alle discussioni inutili – ha concluso -, chi ci sta bene, io voglio cominciare a incassare i successi per i siciliani, basta chiacchiere».
Chi fa perdere il tempo al presidente della Regione? Chi ingolfa di pretestuosi fattarelli di politica di secondo piano l’agenda del parlamento regionale siciliano? Chi non riesce a fare una legge senza farsela impugnare? Che ruolo ha il Pd, che ancora deve eleggere un capogruppo e fare ulteriori spostamenti possibilmente nelle commissioni parlamentari appena insediate? Il linguaggio surreale che nasce dall’assenza del confronto, ma dalla guerra spicciola a base di personalismi incrociati, sta arrivando ad un limite poco sostenibile. E di questo, pare, neanche Crocetta abbia il polso. La gente è stanca. Il punto è che il tempo da perdere non ce l’ha più la Sicilia, che attendeva un presidente rivoluzionario, che auspicava processi di cambiamento. Il siciliano della rivoluzione ambiva a farsi sorprendere da un politico che aveva rispolverato una cifra di aggressività sui problemi e sulla comunicazione, apparsa, in un prima fase convincente.
La Sicilia che non riesce a chiudere il bilancio e va avanti con le anticipazioni di cassa (270 milioni di euro) è una regione disarmata in cui diventa difficile credere che l’iniziativa, di per sé encomiabilissima, di nuovi orizzonti commerciali, serva a riconciliare le istituzioni con il popolo della protesta. Questo svaria dai forestali, abituati alle forme più discutibili di protesta, ai lavoratori della formazione professionale, alle partecipate di cui si parla solo nei mesi pari, ai rifiuti ed agli impianti di smaltimento che rimangono per strada come quello di Bellolampo. Ai tour operator che vengono per chiudere i contratti stagionali si devono raccontare la favole più straordinarie per glissare sulle distanze irraggiungibili che non si possono accorciare in un’isola, bretella o meno, spezzettata e disarticolata.
Lunedì prossimo Crocetta proverà ancora una volta con Alessandro Baccei a sviluppare una trattativa conclusiva per le risorse con Roma e col governo renziano, altro soggetto che, piaccia o no, sarò chiamato ad assumersi le proprie responsabilità sull’isola siciliana. Oggi l’alibi di un governatore disastroso in una giunta in cui i Dem hanno e mantengono le deleghe di Bilancio, Sanità, Rifiuti, Agricoltura, Economia, più le altre di secondo piano, dalla Formazione al Turismo, non regge neanche se lo viene a illustrare il più abile di prestigiatori. Se qualcuno pensa di potersi accreditare in prospettiva sulla pelle dei lavoratori che perdono il lavoro, sui conflitti sociali che dilaniano il tessuto di oggi e quello di domani, sbaglia di gran lunga il bersaglio. Questa è una terra che ha imparato a non perdonare gli errori della sua classe politica. Dove sono finiti se non «gli occhi della tigre», la famosa frase del film Rocky III, riferiti al capo dell’esecutivo regionale, quelle espressioni di sorniona ironia che Crocetta rivolgeva a tutti, Pd in testa, accreditandosi come uomo del cambiamento? L’argomento sceicco, senza offesa per nessuno e più materia di Zamparini che non del presidente della Regione, che rimane personaggio capace di slanci generosi, ma che oggi per la verità, si fa fatica a seguire.
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