di Francesco Busalacchi
Ogni Stato ha i rivoluzionari che si merita, diceva Togliatti. E anche le Regioni, mi permetto di aggiungere. Se consultiamo il Devoto-Oli, alla voce rivoluzione troviamo, oltre ad alcune definizioni di stato (es. la rivoluzione copernicana, la rivoluzione industriale, la rivoluzione sessuale, etc.), due definizioni essenziali.
La prima: movimento organizzato e violento con quale si instaura un nuovo ordine sociale e politico. La seconda: ogni processo storico che finisce per determinare il mutamento di un assetto sociale e politico.
Date unocchiata alle residue gigantografie del presidente della Regione appena eletto, Rosario Crocetta, ripreso mentre sta per ispezionarsi una narice, riflettete sui suoi primi vagiti, e sui suoi primi incerti passi e chiedetevi in quale delle due definizioni si può collocare la rivoluzione che, per come dice il Presidente dei (seicentomila) siciliani (votanti, su quattro milioni), è già cominciata. Ci si avvia gioiosamente verso un nuovo ordine sociale e politico? Direi proprio di no.
Andiamo con ordine. La formazione della Giunta procede faticosamente come se si vivesse ai tempi in cui impazzava il vecchio centrosinistra: compulsando cioè il mitico e mai desueto manuale Cencelli che la fa ancora da padrone. I posti sono oggetto di feroci trattative, scontri e contrasti tipicamente ancien régime; il tutto, come ammette Crocetta, per tenere conto delle sensibilità dei partiti, voce rivoluzionaria per indicare la voracità.
Per non parlare dei nomi che circolano per i posti di assessore che dovrebbero essere i guardiani della rivoluzione. Si va da vecchie mutande, improponibili ma pronte a riciclarsi, per arrivare a principianti desiderosi di provarci e di provarsi. Il tutto mentre volano nomi che sembrano soltanto ballon dessai pour épater le bourgeois.
A proposito, vi immaginate il buon Battiato alla ricerca disperata del suo centro di gravità permanente nei deserti degli uffici regionali?
Vediamo lAssemblea dei soviet. Ci saremmo aspettati un granitico unanimismo intorno a un vecchio compagno dalla vita irreprensibile e dalla storia esemplare. Invece La lotta per la Presidenza è iniziata. Chiunque tratta con chiunque. Cè chi per la riconferma sarebbe disposto a giurare sul libretto rosso di Mao. Cè chi oppone i criteri di anzianità (il merito non si considera!), vale a dire:facciamo a chi ha letto da più tempo Marx (Groucho). Cè chi è pronto a pentirsi e a dare una mano, purché però non si dimentichi che tiene famiglia. E un dejà vu che sempre puntualmente si rinnova. Si tratta ferocemente per bilanciare posti, forze in campo e interessi terreni, molto terreni.
In tutto questo si cerca di far dimenticare che il costo della politica non è realmente in discussione. E si sposta la attenzione altrove sparando numeri e cifre in libertà, segno chiarissimo che Crocetta non sa di che cosa sta parlando.
Infatti, che cosa è la riduzione della spesa, la mitica spending review? Una limatina di facciata dove non fa male, la caccia al burocrate, assimilato alluntore, come se il burocrate tutto quello che ha non lavesse ricevuto dai politici, se tutto quello che fa non riceva lunzione della politica, insomma come se in Regione ci fossero tecnici prelevati alla Ecole National de France, e non fossero stati invece quasi tutti raccattati per strada e quasi tutti proni, supini, gattoni, o carponi, a seconda dei gusti e delle necessità. Per il resto, una notte nera dove tutte le vacche sono nere.
Che significa infatti fare una commissione per ridurre i costi dei parlamentari? Ovvio, disegnare un cammello che, come si sa, è un cavallo disegnato da una commissione che non ha mai visto un cavallo. Alla fine vedrete che la riduzione sarà simbolica, oltraggiosamente simbolica, specie per tutti quelli che, e sono tanti, troppi, non accucchiano il pranzo con la cena.
Ce nè abbastanza per non aspettare i tre mesi che Crocetta si è auto concesso, e andare subito tutti a casa. E a quel punto la vera rivoluzione sarebbe quella che Crocetta avrà fatto attorno a se stesso.
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