«Non c’é un progetto finanziato in Europa che non preveda la partecipazione dei cittadini come condicio sine qua non. Catania fa eccezione». Per Legambiente l’anomalia tutta catanese riguarderebbe, in questo caso, la riqualificazione dell’ex ospedale Santa Marta-Villermosa. Il progetto prevede la realizzazione di una grande struttura porticata di 14 metri di altezza. «Al di là dell’aspetto estetico – sottolinea a MeridioNews Salvatore Castro del comitato Antico Corso – la questione è soprattutto metodologica e partecipativa». La struttura, realizzata negli anni Sessanta, è stata dismessa con la ridefinizione delle rete sanitaria regionale. Due giorni fa, è stato presentato il progetto – ideato dallo studio dell’architetto Giuseppe Scannella – che ha già ottenuto l’approvazione del presidente della Regione Nello Musumeci e del sindaco di Catania Salvo Pogliese. Lo stesso non si può certo dire di cittadini, associazioni e comitati locali che sul web e sui social non hanno fatto mistero del proprio disappunto.
«A livello estetico può piacere o non piacere. E questo progetto, comunque, non è piaciuto – sottolinea a MeridioNews la presidente di Legambiente Catania Viola Sorbello – perché è una struttura mastodontica, invasiva e imponente che prevede cemento su cemento e che chiude lo spazio». L’associazione ambientalista ha anche dato vita, sulla propria pagina Facebook, a un sondaggio che tra il serio e il faceto dà ai cittadini la possibilità di votare il progetto che preferirebbero. La scelta sta ricadendo su un’immagine con una grande piazza piena di verde. «I nostri amministratori dimostrano scarsa conoscenza dei processi partecipativi e presunzione nell’adottare modelli di politica diversa da quella adottata in tutta Europa. Soffrono – aggiunge – anche dell’horror vacui (l’orrore del vuoto, ndr) e, quindi, tendono a riempire ogni spazio che si viene a creare». Al di là dell’estetica, le critiche si concentrano sulle modalità di quello che è stato visto come un progetto calato dall’alto, senza la consultazione della società civile. «Questo non è un metodo democratico, ma è una violenza, un’imposizione – lamenta la presidente di Legambiente – che non tiene conto delle esigenze del territorio e delle persone che lo abitano.
E lo sanno bene gli attivisti del comitato Antico Corso. «Da anni, noi ci battiamo per fare in modo che questo territorio non venga visto come una fabbrica di spazi – dice Castro – in cui la popolazione è marginalizzata ed estromessa». Anche quando i processi decisionali hanno poi delle conseguenze importanti. «Dopo la chiusura dei presidi ospedalieri, abbiamo assistito al crollo del mercato immobiliare e alla chiusura di tante attività commerciali». Adesso, per questa opera di riqualificazione nel quartiere «ancora una volta non si è tenuto conto dei bisogni della collettiva e, per progettare, non si è partiti dall’utilizzo della struttura e nemmeno dalla risposta economica che può avere il territorio». Che, tra l’altro, è quello su cui è avvenuta la fondazione della città e che, negli anni, è già stato devastato. «Non si può non prendere in considerazione il fatto – conclude Castro – che si tratta di un quartiere fragile da diversi punti di vista. E, quindi, la domanda da porsi cui non dovrebbe essere: “è bello o brutto?”, quanto piuttosto: “è giusto?“»
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