Crisi Amt, parla l’ex presidente Roberto Sanfilippo «Comune paghi subito debiti verso la partecipata»

A dire la sua nella polemica sulle condizioni dell’Amt, l’azienda partecipata dal Comune di Catania che gestisce il trasporto pubblico in città, è l’ex direttore Roberto Sanfilippo. Chiamato in causa per spiegare le ragioni di una fragilità che, secondo l’attuale gestione, sarebbe da imputare a scelte passate. Tra queste, il doppio taglio dei chilometri voluto dalla Regione Siciliana nel 2012 e che ha causato all’azienda un taglio di 18 milioni di euro nei fondi. I lavoratori intanto fanno i conti con stipendi dimezzati, ferie forzate e possibili esuberi. Per questo lo scorso 20 maggio hanno scioperato per otto ore e potrebbero tornare a farlo a breve. Sanfilippo torna a dire la sua in questa intervista, rimandando le accuse al mittente e guardando anche allo stato di salute di altre partecipate comunali.

Lei è stato definito il dominus delle società partecipate durante l’era di Raffaele Stancanelli, nonché l’autore della delibera di riordino della materia. Cosa pensa di questa eredità?
«Il nostro compito era quello di razionalizzare il sistema delle partecipate e con la delibera 49 lo abbiamo fatto. Lasciando un quadro chiaro delle partecipazioni e di quello che bisognava fare».

E poi cos’è successo? Condivide l’attuale azione amministrativa nel campo delle partecipate?
«Dal 2013 non mi sono più interessato, anche perché non vivo a Catania. Ma nell’ultima settimana ho avuto modo di documentarmi per capire cosa stava succedendo con la Corte dei conti. L’amministrazione Bianco ha compiuto le proprie scelte e non ha alcuna importanza che io le condivida o meno».

Non ha nessuna opinione in merito? 
«Posso offrire alcuni spunti di riflessione».

Prego. 
«L’amministrazione Bianco ha confermato la dismissione di 14 partecipazioni previste nella delibera 49. Noi ne abbiamo dismesse tre (Asec, Sidraservices, Sviluppo e patrimonio) ma, da quanto ho avuto modo di leggere, dopo tre anni l’attuale amministrazione non ne ha liquidata ancora nessuna. Non riuscendo quindi a produrre gli effetti sperati. Ad aprile del 2016, l’attuale amministrazione ha rinviato la vendita del 49 per cento di Asec perché in fase di gara d’ambito si potrebbe procurare un ingiusto vantaggio all’acquirente. Ma venderla prima, tra il 2013 e il 2016, avrebbe consentito la crescita della partecipata; anche perché la vendita era strumentale appunto alla partecipazione dell’Asec alla gara d’ambito. Per quanto riguarda Amt, invece, l’attuale amministrazione ha previsto il mantenimento e, in un primo momento, la fusione con Sostare. L’art 115 del Tuel (Testo unico enti locali, ndr) prescrive che entro due anni dalla trasformazione da azienda municipale a spa debbano essere cedute delle quote. Ma, dal 2014, non è stato fatto e io non sono a conoscenza di norme che consentano di non rispettare le prescrizioni del Tuel, come ha invece fatto il Comune di Catania».

Sempre a proposito di Amt, cosa sta succedendo oggi all’azienda?
«Gestirla è complesso. Io sono riuscito a farlo grazie al lavoro di squadra: un sindaco attento, un vicepresidente e un direttore competenti, un esperto della mobilità del Comune bravo e dedicato, un collegio sindacale rigoroso. Non so se l’attuale presidente è collaborato allo stesso modo».

Vuole dire che Carlo Lungaro non ha responsabilità per la situazione che si è venuta a creare?
«Non tocca a me dare meriti o attribuire responsabilità. Posso dirle che, a mio parere, all’attuale amministrazione dell’azienda è mancata la necessaria umiltà per gestirla. Quando mi sono insediato nel 2009, ho chiesto la collaborazione di tutti, compreso Lungaro per chiedergli se avesse suggerimenti da darmi e ho tenuto nella dovuta considerazione i suoi consigli come quelli del presidente Michele Sineri che mi ha preceduto. L’azienda era un bene della città e chiunque potesse aiutarmi a risollevarla era il benvenuto. L’attuale amministrazione ha ritenuto invece di emergere screditando il lavoro della precedente. Hanno dato e continuano a darmi colpe che non ho».

Si riferisce al doppio taglio chilometrico?
«Anche. Se non fosse stato per la mia opposizione al doppio taglio, l’azienda non potrebbe neanche pensare alla transazione che oggi sembra costituire l’ancora di salvezza. Io ho risollevato l’azienda: l’ho trasformata in spa, ho fatto il Brt, i parcheggi scambiatori, la rimessa di Pantano d’Arci, ho lasciato già finanziati ed appaltati i progetti dei parcheggi Fontanarossa e Alcalà- Borsellino. Spero che l’attuale cda lasci ai successori il 50 per cento della progettualità che io ho lasciato loro».

Cosa può fare l’amministrazione comunale per risolvere la situazione?
«Pagare i crediti che l’azienda vanta. Anche ai miei tempi la Regione tardò a pagare, ma il Comune si dimostrò pronto».

Secondo lei è vero, come denunciano i sindacati, che Lungaro è assente e che non si interessa delle sorti della partecipata?
«Non ne ho idea».

Quanti soldi servono per salvare l’Amt?
«Il Comune ha la forza per dare ciò che deve? Ho letto un articolo nel quale un commissario ad acta insediatosi per pagare un debito di un milione non c’è riuscito per mancanza di fondi. Da quanto leggo sui giornali l’azienda vanta 26 milioni dal Comune. Lascio a voi le conclusioni».

Tirando le fila, chi è il responsabile della situazione?
«L’azienda andava gestita con grande oculatezza e attenzione da parte di tutti».

Mattia S. Gangi

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